Il caffè Pedrocchi è indubbiamente il bar patavino per eccellenza: una tappa d’obbligo per turisti e una sosta di piacere per universitari e passanti, un tuffo nel passato tra signorilità, cortesia e buon gusto. Chi indugia per una sbirciata, chi invece, si dirige al bancone con l’indice alzato e già sa cosa ordinare: il celeberrimo Pedrocchino.
In una sola tazzina la menta dolce e fredda si mescola sapientemente all’espresso amaro e caldo, per concludere quasi gelosamente celata da una spolverata di cacao: una prelibatezza tanto semplice quanto squisita, una combinazione di ingredienti banale, una stratificazione di colori, consistenze e temperature che è severamente vietato sfigurare con il cucchiaino, che proprio per questo non viene neppure concesso dalla cameriera.
Insomma, una ricetta elementare, prevedibile e non così segreta e inimitabile come da secoli si sostiene. In realtà ciò che appare alquanto arduo da scopiazzare è soltanto l’atmosfera: un edificio di stile gotico ottocentesco, frutto dell’incontro di due grandi talenti, quello imprenditoriale di Antonio Pedrocchi, proprietario dell’allora piccola bottega del caffè, e quello architettonico di Giuseppe Jappelli, ideatore di un concentrato di ardimenti artistici e influssi massonici di eccezionale peculiarità. Tra le pareti del “caffè senza porte”, almeno così era, fino al 1916, in quanto aperto 24h al giorno, pare di udire ancora le voci degli intellettuali, accademici e politici, che si riunivano attorno a un espresso, dei business men di passaggio, che trattavano i prezzi delle loro mercanzie, le risate della crème della società padovana, che sgambettava e volteggiava spensierata tra un tavolino e l’altro, e sembra riecheggino pure le urla di quell’8 febbraio 1848, quando uno studente universitario venne ferito, scaldando così gli animi già caldi dell’epoca dei moti del Risorgimento e alimentando la superstizione degli studenti odierni, ai quali sarebbe sconsigliato oltrepassare la soglia del locale prima di essersi laureati, pena l’impossibilità di conseguire la laurea stessa. Tuttavia, gli intrepidi studenti padovani si infischiano della scaramanzia quando in ballo c’è lui: il bianco, verde e marrone Pedrocchino.