
Coimbra, Portogallo. Il maggiore (e, a detta di molti, il migliore) centro universitario lusitano, attivo dal 1290, anno in cui un manipolo di studenti lisbonesi insoddisfatti si prese la briga di trasferire l’ateneo dalla capitale al capoluogo dell’antica regione della Beira Litoral.
Coimbra è una della mete preferite dagli studenti Erasmus: un piccolo ecosistema perfetto, in cui è possibile osservare una fauna studentesca di una varietà incredibile. Indigeni, spagnoli, italiani, brasiliani, tedeschi, inglesi, francesi, polacchi, (…) Un antropologo sguinzagliato per le ripide stradine del centro riempirebbe quadernini di appunti in maniera entusiasta. E’ proprio qui, dove l’ideale dell’Europa unita prende concretamente forma, che abbiamo voluto intervistare ragazzi e ragazze stranieri, in modo da soddisfare una delle curiosità insaziabili dell’essere umano: come ci vedono gli “altri“?
Lo stereotipo italiano all’estero è sempre lo stesso. “Voi italiani siete in genere sempre molto eleganti, molto ‘ligones’ si dice da noi” ci raccontano Borja Lara e Victor Solano, due spagnoli 22enni di Malaga, studenti di Ingegneria. “Siete chiacchieroni, dite tante parolacce e gesticolate sempre, così” dicono, unendo la punta delle dita, oscillando l’avambraccio avanti e indietro e facendoci il verso. La filosofia di vita è però la stessa. “Passarsela bene e fare sempre festa!” esclama Borja. “Nonostante la distanza territoriale, ci sentiamo più simili e più vicini agli italiani che ai portoghesi, ai catalani e ai baschi (la Catalogna e il Paese Basco sono due regioni che invocano da anni l’indipendenza dalla Spagna, ndr) sia per la filosofia di vita, che per la lingua, che per il calcio“. Le prime discordanze giungono sull’argomento cibo. “Quello spagnolo è nettamente il migliore” affermano, nonostante le nostre facce sgomente. “Nella cucina spagnola si fa largo uso di fritture e di pesce, ma in fin dei conti anche quella italiana non è male, come tutta la cucina mediterranea“. Ma questi italiani sono così riconoscibili? “Qui in Portogallo e in Spagna no, ma appena iniziate a parlare…” sorride Victor.
Passiamo quindi a tematiche più spigolose. “In Spagna si crede che mafia e camorra siano la stessa cosa e che abbiano veramente tanto potere. L’immagine che abbiamo di queste due organizzazioni criminali è quella trasmessaci dal film ‘Il Padrino'”. Cogliamo l’occasione per verificare la loro preparazione sulla politica italiana, in modo da testare la credibilità internazionale rimasta al Belpaese. “Siete a conoscenza della passata e dell’attuale situazione politica in Italia? Cosa ne pensate?” Victor si tira subito fuori: “non seguo nemmeno quella spagnola“, mentre Borja ci sorprende: “Quando in Spagna si parla di politica italiana, si parla di Berlusconi, tant’è che non conosco i nomi di altri politici italiani. Berlusconi è incredibile, quando viene processato spunta sempre una legge che gli permette di farla franca. Ma in ogni caso non possiamo criticare molto la situazione italiana, a casa nostra la corruzione è dilagante. L’altro problema della Spagna è la presenza di un rigido bipartitismo che taglia le gambe ai partiti minori; fintanto che queste due formazioni domineranno il Parlamento, non vi sarà una riforma elettorale e le cose resteranno immutate. L’unica forza giovane a cui affidiamo le nostre speranze è l’UPD, l’Unión Progreso y Democracia“.
La magia del progetto Erasmus è la dimostrazione che l’Europa, almeno emotivamente, è davvero unita. Ma economicamente e politicamente, l’Unione Europea funziona o meno? Risponde ancora Borja: “Credo ci sia un Paese su tutti che sta guadagnando dell’UE, e questo Paese è la Germania. Uscire ora dall’Europa è per tutti un rischio, farlo potrebbe essere un disastro. L’euro è una moneta forte” chiosa. Giungiamo al termine dell’intervista, con un’ultima domanda spinosa sull’attualità italiana. “In Spagna, il problema dell’immigrazione è presente come in Italia? Suscita lo stesso scalpore?“. La risposta è veramente sorprendente, e per certi versi paradossale: “sì, vi è una cospicua immigrazione dal Nordafrica. Fino a qualche anno fa, quando la Spagna viveva un positivo momento di sviluppo economico, gli immigrati erano visti male, si pensava che venissero a rubare posti di lavoro. Ora, nonostante la crisi, non suscitano più sentimenti negativi, sia perché spesso sono giovani che tengono amici spagnoli e vengono in terra iberica a cercare lavoro, sia perché i mestieri che svolgono sono quelli oramai rifiutati dagli stessi spagnoli“.
Ringraziamo “los dos boquerónes” (da “boquerón“, letteralmente “acciuga”, pesce tipico del mare dell’Andalusia da cui deriva il soprannome degli abitanti di Malaga) per la disponibilità. Il nostro viaggio tra gli “stranieri” è appena iniziato. E il concetto di “straniero” è già in bilico.

Giacomo Visentin
(si ringrazia Salvatore Formicola per la traduzione)