L’Italia del malaffare: dov’è finito il principio del bene comune

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(Foto: www.unionemediterranea.info)
(Foto: www.unionemediterranea.info)

Secondo il rapporto annuale presentato la settimana scorsa dalla Guardia di Finanza, nel solo 2015 tra truffe e sperperi vari lo Stato italiano ha perso più di quattro miliardi di euro. Quasi un terzo delle gare d’appalto è risultato truccato, mentre gli evasori fiscali totali, cioè quelli che non hanno pagato nemmeno un centesimo di tasse, sono passati da 8000 a 8500. Sono state individuate irregolarità nel 30% delle sale giochi controllate, con ben 36 milioni di giocate non denunciati al fisco, e sono stati chiesti od ottenuti in maniera illecita finanziamenti pubblici per oltre un miliardo. Infine, ammonta a circa 2,9 miliardi il valore complessivo dei beni sequestrati alla mafia.

Numeri impietosi, che dovrebbero far rabbrividire chiunque voglia ancora un minimo di bene al Paese. Numeri capaci di scattare una fotografia drammaticamente realistica del cancro che da troppo tempo affligge la nostra penisola: il malaffare. Negli anni è cresciuto, è diventato grande, è diventato forte. Troppo, forse, per sperare di poterlo estirpare. Tutto è riconducibile, in ultima analisi, alla fame. Di denaro e di potere. Per servire queste due divinità c’è chi è disposto a sacrificare qualsiasi cosa. In primis l’interesse collettivo. Pare, negli ultimi tempi, che questo concetto sia divenuto obsoleto. Un lontano ricordo, un vecchio giocattolo avvolto nella polvere della soffitta, a cui dedicare non più di un’occhiata distratta ogni tanto. Quando fa comodo. E così, proprio nel momento in cui imboccare una strada comune sarebbe la scelta indicata per uscire dalla crisi, ciascuno ripiega nel proprio “particulare”, come direbbe Francesco Guicciardini. Ci convinciamo che il mondo è un posto per i furbi e allora tanto vale provare ad esserlo anche noi. Chi se ne frega se i nostri comportamenti produrranno un danno all’intera comunità. Mors tua vita mea.

Sarebbe molto facile, come spesso si fa, puntare il dito contro i “pochi disonesti” che derubano “i numerosissimi Italiani onesti.” Sì, forse la maggior parte della gente che vive nel nostro Paese è davvero onesta. Ma è giusto anche essere sinceri fino in fondo e dirci che, se i dati sono quelli di cui sopra, l’illegalità non è l’eccezione. Anzi, in certi casi è addirittura la norma. Quasi che, entrando in determinati contesti, non si possa fare a meno di trasformarsi in truffatori, evasori o corrotti. Per cambiare questa situazione, devono cambiare i modelli culturali. E per cambiare i modelli culturali, occorre partire da uno dei principali veicoli di modelli culturali: la scuola.