
Negazione, vergogna e, infine, ammissione delle proprie colpe. Continua l’inchiesta sul caso di Don Lucio, il parroco di Legnaro indagato per appropriazione indebita aggravata.
Era inizio dicembre quando, a seguito di una dettagliata indagine condotta dalle forze dell’ordine padovane, sono state scoperte le spese folli di Luigino Sinigaglia meglio conosciuto a Legnaro come “Don Lucio”. Auto, moto, viaggi, articoli sportivi e conti salati emessi dalle migliori ristorazioni italiane. Poco importava se gli scontrini provenissero dal Trentino o dalla Sicilia, Don Lucio tra maggio e settembre 2015 sembrerebbe aver speso per fini privati e personali una cifra pari a 252.827,07 euro, denaro proveniente dall’eredità di circa 14,3 milioni lasciata dal farmacista Franco Focherini alla parrocchia di Legnaro.
A quasi due mesi dallo scoppio dello scandalo, la settimana scorsa è arrivata la confessione al magistrato. Don Lucio ammette di aver dato fondo a oltre 250 mila euro per comprarsi una motocicletta Bmw da 15.300 euro, regalare una Renault Clio da 13.000 euro a un amico cappellano, rimodernare sacrestia e casa, ma non proferisce parola sugli scatoloni spariti da casa Focherini e ritrovati a San Pietro Viminario, nell’abitazione del fratello Ubaldo Sinigaglia. Il materiale, in un primo tempo sistemato in una stanza della casa del farmacista, è stato scovato durante una perquisizione delle autorità nella dimora di Sinigaglia che, in attesa di chiarire il ruolo del parroco nella vicenda, è finito sotto inchiesta per il reato di furto in abitazione.
Mentre il caso si aggroviglia sempre più il sacerdote, dopo ad aver perso la guida della parrocchia di Legnaro, ora rischia seri provvedimenti legali. Oltre al conto parrocchiale ormai in rosso, a rimetterci è la fiducia dei fedeli, che non avevano mai messo in dubbio l’integrità morale del loro parroco. Ma non tutti lo hanno sempre visto di buon occhio: alla domanda “Chi è Don Lucio?” è scaturita una moltitudine di risposte che rivela una certa diffidenza nei confronti dell’uomo. «Anziché risanare la situazione della parrocchia di San Biagio e, soprattutto, sanare il grosso buco della scuola dell’infanzia locale, il don ha preferito pagarsi pranzetti e cenette in tutta Italia» confessa un compaesano. E una parrocchiana rincara la dose: «È arrivato nel 2013 e come primo atto si è riarredato la canonica e ha installato una bella vasca idromassaggio.»
Impressioni e commenti dei cittadini a parte, una domanda sorge spontanea: nessuno era a conoscenza dell’ingente somma di denaro gestita dall’oramai ex parroco di Legnaro? Nulla pare sapesse il coordinatore della Caritas, che al Corriere del Veneto afferma: «A noi don Lucio ha detto che il farmacista Focherini ci aveva lasciato solo la sua residenza, affinché potessimo trasformarla nella casa della carità. Ci chiediamo come sia possibile che il consiglio parrocchiale per la gestione economica non si sia accorto di nulla».
Don Lucio si sarebbe, dunque, preso gioco dei dirigenti della Caritas, delle autorità e dei propri parrocchiani, ai quali scrive: «Mi dispiace per l’amarezza che in questo momento potete provare e del disagio che tutta questa situazione sta creando. Riconosco di aver agito incautamente nell’utilizzare parte di quel denaro per assolvere ad alcune necessità urgenti della parrocchia e – in parte ridotta – per ragioni personali. Ritenevo di poterlo utilizzare temporaneamente e rifonderlo man mano». Le reazioni alla lettera inviata lo scorso dicembre sono state diverse, ma senza dubbio il suo autore ha perso credibilità e fiducia. Ora a Don Lucio non resta che fare i conti con la propria coscienza e con le decisioni della magistratura.