
Da qualche giorno è tornata alla ribalta la possibile costruzione di una diga sull’Adige, da parte della ditta Lagarina Hydro di Limena (PD), tra Badia Polesine (RO) e Terrazzo (VR), con lo scopo di produrre energia elettrica. La notizia è ancora ufficiosa, ma pare che la costruzione non verrà effettuata: il progetto prevedeva la costruzione di uno sbarramento trasversale, in località Rosta di Badia Polesine, atto a provocare un salto d’acqua di 5 metri e avrebbe poi collegato i comuni di Badia Polesine e Terrazzo, località veronese a monte dell’imbocco del fiume nel bacino Fratta-Gorzone. Il costo al netto era di circa 42,5 milioni di euro.
Nonostante il progetto fosse di portata considerevole, soprattutto per la popolazione dei Comuni limitrofi, non è stata fornita alcuna comunicazione e tutto è passato sotto silenzio finché, la scorsa primavera, il sindaco di Barbona Francesco Peotta ne ha scoperto l’esistenza e ha immediatamente dato l’allarme. Secondo Peotta, infatti, la costruzione di questa diga sarebbe dannosa sia per l’ambiente, sia per le attività insediate a valle, come le imprese che attingono acqua, i Consorzi di bonifica e gli stessi operatori agricoli, sia per la sicurezza idraulica. Come spiega il sindaco, a valle vi sono numerosi punti di prelievo d’acqua per utilizzo alimentare o d’irrigazione e se i detriti alluvionali si fermano a monte, è chiaro che il livello idrometrico si abbasserebbe notevolmente provocando l’innalzamento del prezzo per prelevare l’acqua da trasportare oltre l’argine.
Correlato all’abbassamento del livello del fiume, vi sarebbe anche il problema del cuneo salino. Questo fenomeno di risalita di acqua salata nel fiume, che negli ultimi anni si è esteso in modo preoccupante, porterebbe a rilevare la salinità per molti giorni e a distanze di 25-30 km dalla foce, causando problemi ingenti all’agricoltura e agli acquedotti per la depurazione. Inoltre, sarebbero da valutare i pericoli per i Comuni limitrofi alle rive in caso di piena e il possibile inquinamento dell’acqua. Anche gli operatori turistici sono coinvolti da questo progetto: la diga limiterebbe il deflusso dei detriti verso il fondale marino e quindi verrebbe danneggiato il naturale ripascimento delle spiagge.
Nel giro di poco tempo sono stati organizzati incontri e assemblee con i Comuni interessati alla questione, le province, i comitati “No diga” sorti immediatamente, gli acquedotti, i consorzi di Este e Rovigo e il Wwf, che hanno poi deliberato la loro posizione contraria alla costruzione e anche al modo di procedere nel silenzio all’autorità competente, ossia l’ex Genio Civile rodigino, ora ridenominato Sezione Idrografica Adige-Po di Rovigo. Inoltre, ciò che ha indignato Peotta è stata proprio la mancanza di informazione, volta a far guadagnare pochi a scapito di molti: «Leggendo gli atti, si è potuto constatare che il giro d’affari intorno alla costruzione della diga sarebbe stato di centinaia di milioni di euro».
La notizia di pochi giorni fa è che la Commissione per le Centraline a Venezia ha formulato una notizia verbale ancora ufficiosa che boccerebbe il progetto. Non è comunque l’atto finale della vicenda, dal momento che la probabile bocciatura dovrà ritornare all’ex Genio Civile di Rovigo dove il direttore, l’ingegnere Umberto Anti, dovrà recepire il proprio parere in un decreto e presentare poi l’eventuale diniego alla ditta di Limena. «E’ necessario attendere alcune settimane per l’ufficialità», dice Peotta, «ma è comunque una splendida notizia per la salute del territorio e per tutte le persone che si sono mobilitate per difenderla».