Indipendenza Veneta, la chimera populista

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Era il tempo di “Roma ladrona, il tempo della demagogia e il tempo in cui il federalismo fiscale aveva convinto molti; alcuni si pentirono amaramente di quel voto, altri rimasero solo delusi dal fatto che l’ideale aveva lasciato il posto ai giochi politici; poi arrivarono gli scandali, le delusioni, le ribellioni e per finire l’amarezza con le ultime elezioni di un risultato assai fiacco. Questa era la Lega Nord, un movimento che prima di oggi era il principale alfiere della politica separatista italiana, anzi veneta; i tempi cambiano, ed ora, con la stessa fierezza patriottica, leghisti e non, si sono uniti in quelli che è diventato il comitato di Indipendenza Veneta.

Sembra di essere tornati ai tempi dei serenissimi: un gruppo di persone (autodefinitesi Veneta Serenissima Armata, braccio operativo del cosiddetto Veneto Serenissimo Governo) che nel nome della Repubblica di Venezia, la notte fra l’8 ed il 9 maggio 1997, occuparono piazza San Marco issando sulla cella campanaria la bandiera di Venezia, dichiarandone l’indipendenza. Tralasciando l’ironia, il momento di scegliere è arrivato. Infatti è stato indetto, anzi è stato organizzato un plebiscito, non dalla Lega Nord che comunque si è dimostrata favorevole a questo atto pubblico, ma dal comitato Pleibiscito.eu; la domanda a cui rispondere con un Sì o con un No, online o via telefono, è molto semplice: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica Federale sovrana e indipendente?“.

Distaccandosi completamente da chi associa questi fatti a quelli di Crimea per storia o per condizioni politiche, Estensione ha eseguito un piccolo sondaggio, senza alcun valore statistico, nel quale si è chiesto in forma anonima di dare una propria opinione riguardo questo plebiscito, esponendo la propria contrarietà o meno, argomentandola. Molti hanno risposto alle domande, evidenziando fin da subito un interesse che difficilmente si può riscontrare in altri atti politici; radunando i commenti di queste persone è stata immediatamente evidenziata la causa principale che ha portato a questo gesto: l’economia. Insomma, ancora una volta, una parte della popolazione veneta crede di essere la parte trainante di questo paese e vede nella sua indipendenza la liberazione di un fardello; d’altro canto risponde la parte contraria spiegando che in caso d’uscita dall’Italia, il Veneto non sarebbe mai in grado di affrontare un sistema così complesso e assolutistico come quello creato dal capitalismo moderno.

Altro snodo fondamentale sono le tasse, che secondo motivazioni più che mai patriottiche, verrebbero dagli stessi imprenditori, che spesso non le pagano. Per citarne uno: “Io le tasse non le do perché i romani si abbuffino“. Insomma è come dire “io le tasse non le pago perché le usino altri“.

Tra i favorevoli, oltre che per ragioni economiche, s’intravede un desiderio di cambiamento, mostrando un totale senso di disgusto nei confronti di ciò che l’Italia e la sua politica ha fatto nei confronti del cittadino. La maggior parte delle persone a favore, è in un’età distante da quella compresa tra i 20-30 anni, infatti, in ambienti universitari questa “cosa“, come è definita da loro stessi, del plebiscito, è una sciocchezza, e tra tutte, significativa è la risposta di un giovane studente di economia che risponde sorridente con un: “ma fammi un piacere“.

Mentre tra gli indipendentisti le risposte durante la giornata si fanno sempre più ripetitive tra sovranità economica e tasse, il web si diverte ad ironizzare sulla questione Veneto-stato, con slang del tipo “Brazil 2014… Veneto-Brasile“. Per concludere, è inevitabile che dal punto di vista giuridico questo plebiscito valga molto poco, anzi non vale proprio nulla; il referendum per l’indipendenza rimane una chimera dal punto di vista legale ed alcuni precisano che è stato un inutile spreco di tempo; altri sostengono che, comunque andrà, sia stato un bel messaggio. Aspettando il 21 marzo, giorno nel quale si sapranno i risultati, non rimane che rileggere questo articolo della Costituzione:

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia del decentramento.” Art. 5

Eugenio Bellon