Gli interrogativi dell’era 3.0

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“Incredibile quanto la gente sia sorda al dolore non fisico. Se hai male allo stomaco o ad un piede, tutti cercano di rendersi utili e ti portano rispetto. Ma se hai male all’anima nessuno ti aiuta”

diceva, con parole di grande forza espressiva, Oriana Fallaci. Il dolore interiore sa camuffarsi bene, sa rendere insospettabile la sua presenza, e forse è proprio questo ciò che è avvenuto a Nadia, la ragazza di quattordici anni suicidatasi la settimana scorsa a Cittadella dopo aver ricevuto offese e insulti da anonimi sul social network Ask.fm.

Prepara delle lettere per i genitori e per gli amici, e il pomeriggio di domenica 9 febbraio, quando la sua famiglia si allontana per fare spese, si getta dal decimo piano di un ex hotel di Cittadella. Scrive chiedendo perdono ai genitori per la delusione che avrebbe loro procurato, ma non riporta le spiegazioni del suo gesto. A casa non avrebbe mai fatto parola del disagio, della profonda inquietudine che regnavano in lei, di cui invece si sfogava con gli amici e con il fidanzato, il quale però non aveva mai creduto alla fermezza e alla verità dei suoi propositi autodistruttivi.

La maggior parte delle cause di questo tremendo episodio di cronaca sono virtuali. Sul sito “Ask.fm” tutto si basa su un semplice principio: fammi una domanda e io ti darò una risposta, ma il pericolo risiede nel fatto che le domande si possano fare anche in forma anonima. Nadia, il cui nickname era “Amnesia”, faceva di questo social network –d’altra parte come i suoi coetanei, che ne sono i principali utenti- un uso compulsivo, dove era presa di mira con affermazioni del tipo: “suicidati”, “ti tagli?vogliamo le foto”, con continui riferimenti alla morte, anche da parte sua. Molti piccoli sintomi di una sofferenza che va al di là di una finzione, di un atteggiamento da dark, di una moda, su cui i suoi compagni facevano leva. Un po’ alla volta, la spirale si fa sempre più opprimente. Poco tempo fa, la ragazzina viene sorpresa mentre cercava di tagliarsi sulle braccia con un temperino nei bagni della scuola. Poi, la decisione finale.

Ora non rimane che tanta rabbia prima di tutto contro le persone che, se riconosciute grazie alle indagini della Polizia Postale, potranno essere formalmente accusate di istigazione al suicidio, e in maniera indiretta anche contro il social network stesso, veicolo delle ingiurie. Parole di questo tipo non avrebbero smosso un qualsiasi individuo ragionevole, ma su una ragazzina fragile, con un carattere ancora debole, ognuna di esse si è amplificata, facendola sentire un’esclusa, un’emarginata, una diversa. Sono i nuovi mali che la società odierna ha generato: dei figli vittime di un uso sconsiderato della tecnologia, chiusi nel proprio mondo virtuale, che hanno perso ogni capacità di comunicare e di relazionarsi sinceramente con gli altri. La presidente della Camera Laura Boldrini ha riportato che «Il cyber bullismo è il pericolo che spaventa di più i nostri adolescenti, secondo una ricerca condotta da Ipsos per Save the Children. Il 72% dei giovani interpellati lo considera la principale minaccia alla propria vita, più delle droghe o delle violenze da parte degli adulti».

E’ finito il tempo delle domande, è iniziato quello delle risposte. Che non uccidano ma che sappiano, con pazienza, comprendere ed aiutare.

Valeria Ferraretto