Ore 7,55 di lunedì mattina. La porta di casa si chiude alle mie spalle e io mi dirigo a piedi verso la stazione ferroviaria per raggiungere l’Università. Fa abbastanza freddo e un vento fastidioso mi soffia sulla faccia ma forse è meglio, magari così riesco a svegliarmi del tutto e a cacciare via il richiamo del cuscino. Quanto è dura e monotona, a volte, la quotidianità. Facile sognare, fare grandi progetti, poi però bisogna anche avere la forza di lavorarci sodo ogni giorno, provando a non perdere mai l’entusiasmo iniziale. I soliti pensieri, qualche idea su come passare le ore “buche” tra una lezione e l’altra, la speranza che il treno non sia in ritardo e non mi faccia perdere la coincidenza a Monselice, gli esami più vicini da preparare, i programmi per la serata. Infilo la mano nella tasca del cappotto e stringo il mio vecchio e fedele lettore mp3: sì, un po’ di musica è quello che ci vuole per cominciare nel modo giusto. Mentre mi sto infilando le cuffiette nelle orecchie, il mio piede d’appoggio atterra su una montagnola dalla consistenza gelatinosa e scivola inaspettatamente in avanti. Recupero l’equilibrio e mi fermo, mentre uno sgradevole sospetto si fa strada nella mia mente. Abbasso lo sguardo e il sospetto diventa realtà: ho appena calpestato un’abbondante cumulo di escrementi, allegramente depositati proprio al centro del marciapiede. Vi lascio immaginare la lunga serie di improperi e maledizioni varie che hanno preso forma in me in quel momento.

I marciapiedi di Este da tempo sono diventati, molto più di altre città, una vasta latrina per cani che nessuno si preoccupa di pulire. Ora, la legge parla chiaro: qualora il cane si trovi a dover espletare un bisogno fisiologico su suolo pubblico, il suo proprietario è tenuto a raccoglierne le feci. Così difficile armarsi di un apposito sacchettino, incartare la “polpetta” incriminata e gettare il tutto nel primo cestino? A quanto pare, sì. E’ meno faticoso passare oltre, lasciando un simpatico ricordino magari proprio davanti alla porta d’ingresso di una casa. Tanto mica è tua, no?
No, la casa probabilmente no, ma il marciapiede oltre a essere tuo è anche di tanti tuoi concittadini che vorrebbero poterci transitare senza dover evitare un campo minato. Dimmi, se fossi io a portare a spasso il mio cane e lo facessi defecare sul tuo zerbino saresti contento? Credo di no. Ma nonostante questo non lo faccio perché, a differenza di te, quando mi trovo in uno spazio pubblico qualsiasi, penso che a realizzarlo hanno contribuito i miei genitori, quelli dei miei amici, mio zio, la comunità alla quale appartengo. E penso che, sebbene oggi non vada più di moda, il rispetto per un bene di tutti sia un valore importante. Mi auguro di cuore che un giorno lo possa capire anche tu.
Davide Permunian