Anziana abbandonata in ospedale, il caso scalda la Regione

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PIOVE DI SACCO. Continua la triste storia di Natalina, che dell’ospedale ha fatto la sua casa e delle infermiere la sua famiglia.

La nonna di ottantacinque anni vive ormai da dieci mesi tra mura del reparto di Geriatria dell’ospedale di Piove di Sacco. Era marzo quando, a causa di un attacco cardiaco, l’anziana è stata ricoverata presso la struttura ospedaliera. Dopo un paio di settimane di degenza, proprio quando pronta a ritornare a casa, la figlia si è rifiutata di accoglierla: “Troppe spese, non riusciamo a mantenerla”. Ecco così che, Natalina, da quel 12 marzo non è più uscita dall’Immacolata Concezione di Piove di Sacco.

Da mesi, ormai, servizi sociali e Comune di Piove di Sacco stanno cercando invano di gestire il caso, talmente delicato da far scaldare anche il consiglio regionale.

«È una situazione allucinante che deve trovare soluzione: chiedo pertanto alla Regione di intervenire per affrontare e risolvere questo caso che si protrae da troppo tempo». La denuncia è del consigliere regionale del Partito Democratico Claudio Sinigaglia: «Nonostante questa situazione si protragga ormai da mesi, non c’è stato alcun intervento da parte del sistema socio sanitario della Regione: una persona che sta bene non può essere costretta a vivere in un luogo di cura. Pertanto, chiedo direttamente al Presidente Zaia di agire prima possibile per risolvere questo caso tanto doloroso quanto assurdo».

Non tarda la risposta dell’assessore ai servizi sociali della Regione Veneto, Manuela Lanzarin: «Il caso è ben noto alla Regione, che si è attivata, ha ricevuto i parenti, ha parlato col Comune e si è tenuta informata sugli sviluppi della vicenda». Stando alle dichiarazioni della Lanzarin, però, la situazione sembrerebbe assai più complessa. Oltre all’indisponibilità della figlia di farsene carico, pare che l’anziana vivesse in un’abitazione in scadenti condizioni strutturali nella quale rifiuta di rientrare. E in merito ad una possibile risoluzione, l’assessore commenta: «È stata proposta la possibilità di predisporre un progetto di assistenza non sanitaria, che prevede l’attivazione del servizio di assistenza domiciliare del Comune (pasti, supervisione, assistenza, ecc) con eventuale sostegno economico».

Ma il rifiuto della signora a rientrare nella sua abitazione e la mancata disponibilità della famiglia a sostenere le spese di ristrutturazione – anche minima – dell’immobile, rendono impraticabile anche questa soluzione.