“Non era stupido, era semplicemente senza idee. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee, possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell’uomo”
Hannah Arendt
L’idea che i più grandi mali del mondo possano essere, in ultima analisi, riconducibili all’apatia e all’indifferenza ci turba nel profondo. Interrogarsi sulle cause della Shoah piuttosto che concentrarsi sul risultato di un simile avvenimento storico è un procedimento più difficoltoso, più impegnativo, più critico della commemorazione; è stato proprio questo il metodo di approccio alla Giornata della Memoria scelto dall’amministrazione comunale di Baone, che per l’occasione ha convocato il prof. Giuseppe Gangemi, docente presso l’Università degli Studi di Padova, per una conferenza sul tema scottante della “banalità del male”. Il punto di partenza della riflessione è stata l’opera della filosofa tedesca Hannah Arendt, che scrisse appunto “La banalità del male” in occasione del processo al funzionario nazista Adolf Eichmann, avvenuto nel 1962 a Gerusalemme.
Eichmann fu il burocrate, l’organizzatore della “soluzione finale della questione ebraica” (Endlösung der Judenfrage): nei primi mesi si era infatti avvertito un certo disagio tra le S.S. nel massacro degli ebrei a sangue freddo, era un metodo troppo diretto, troppo cruento, che faceva troppo rumore. Si preferì così spersonalizzare e rendere invisibile lo sterminio, relegandolo nelle aree più remote di tutta Europa, dove gli ebrei venivano portati su treni che partivano a notte fonda, facendo il minor numero di soste possibili, diretti veloci verso i campi di lavoro e della morte, cosicchè l’operazione fosse nascosta agli occhi dell’opinione pubblica (ma fino a che punto?). Man mano che gli ebrei, e con loro gli storpi, gli zingari, gli omosessuali evaporavano in fili di fumo e i campi si svuotavano, Eichmann calcolò quante persone dovessero essere ancora deportate per saturare di nuovo i campi e farli lavorare a pieno ritmo; un progetto impeccabile ed efficiente.
La parte portante della difesa di Eichmann fu appunto questa: si può condannare un uomo perchè ha obbedito a degli ordini? Perchè è stato troppo efficiente? La Shoah non fu l’opera di un folle, ma di una moltitudine di uomini follemente razionali che non si stavano rendendo conto delle atrocità che stavano perpetrando, uomini del tutto normali e mediocri.
Sebbene in misura minore, un meccanismo di comportamento simile viene replicato fino al giorno d’oggi, soprattutto nella concezione all’italiana del “così fan tutti“: siamo afflitti nella sfera pubblica da problemi di corruzione, evasione fiscale, emarginazione degli immigrati che si basano sull’adeguarsi all’atteggiamento comune, sul sentirsi diversi, quasi a disagio, quando si è onesti e rispettosi non solo della legge, ma anche dei più basilari principi morali. Chi me lo fa fare di pagare le tasse se tutti gli altri trovano il modo di pagarne meno? Sarò mica io il più fesso?
Così facendo banalizziamo il male, lo rendiamo cosa comune, ordinaria, che non provoca alcuno scalpore. La vera sfida sarà creare le basi per una nuova cultura in cui si possa, finalmente, trovare un antidoto all’accondiscendenza sotto cui abbiamo fatto passare, ieri ed oggi, gli errori della nostra società.
Valeria Ferraretto