Là dove non può l’Unione Europea, lì arriva la Russia di Putin. Pochi giorni dopo la sanguinosa rivoluzione ucraina che ha rovesciato il governo del primo ministro Yanukovych, addirittura fuggito da Kiev, e che porterà a breve a nuove elezioni, un altro evento sconvolge l’est Europa: l’occupazione della Crimea da parte delle truppe russe. L’avvenimento non è poi così inaspettato e sfrutta meccanismi ben noti alla storia: quale momento più propizio per riappropriarsi di terre -considerate di diritto proprie- di una rivolta popolare?
Il colpo di mano è avvenuto in sordina, senza colpo ferire, in quanto ben accolto dalla popolazione della piccola penisola che si affaccia sul Mar Nero. La Crimea era, infatti, una repubblica autonoma già all’interno dello stato ucraino e faceva parte dell’URSS sotto il nome di “Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Crimea”, ceduta alla stessa Ucraina solo nel 1954. Non vi è dunque dubbio che spinte indipendentiste fossero presenti già da lungo tempo. L’occupazione militare conta migliaia di soldati ed è stata sancita ufficialmente dalla sostituzione della bandiera giallo-azzurra con quella russa sul tetto del Parlamento locale.
Ma per quale ragioni, oltre a quella formale della tutela di una minoranza, Putin ha deciso di intervenire in questa zona? Con molta probabilità, per una secolare ambizione della terra degli Zar di estendersi verso il Mediterraneo e di mantenere un controllo più o meno diretto sulle ex repubbliche sovietiche, allontanandole dall’UE. Non bisogna tralasciare il fatto che Sebastopoli, la città più popolosa della Crimea, si affacci su acque abbastanza profonde per pensare di installarvi un porto militare. Per l’Ucraina passano inoltre l’80% dei gasdotti che dalla Russia arrivano in Europa, delle quali il Cremlino avrebbe desiderato impadronirsi, entrando ancora di più nei mercati europei.
Le reazioni dell’ Occidente sono state dure: quella dello “Zar Putin” è stata una chiara violazione della sovranità territoriale dell’ Ucraina, percepita come una vera e propria dichiarazione di guerra. Le grandi potenze sono unanimi nella condanna e si minaccia l’esclusione della Russia dal G8 che si terrà prossimamente a Sochi, sede delle appena concluse Olimpiadi invernali. La Germania di Angela Merkel si schiera su una posizione più tenue e auspica l’apertura di un dialogo con Putin che scongiuri l’inizio di un conflitto, mentre gli USA non escludono un intervento più severo.
In casi come questi, l’Unione Europea non può che dirsi impotente, non disponendo di una forza militare e trovandosi in un momento per altri motivi (soprattutto economici) già critici.
Valeria Ferraretto