Illustri politici italiani,
vi scrivo questa lettera perché stavolta mi avete proprio fatto venir su il veleno, e in qualche modo mi devo sfogare. Sono un giovane come tanti altri che la mattina prende il treno per andare all’università. All’inizio ci salivo di slancio, ansioso di vivere al massimo la giornata. “Mi sto andando a prendere il futuro, l’indipendenza, il mio sogno nel cassetto” pensavo mentre, assonnato da morire, mi toccava fare il viaggio in piedi perché erano finiti posti a sedere. Ma pazienza, di sacrifici ne fanno tutti e anche di più grossi, potevo sopportare anch’io qualche piccolo inconveniente. Con il tempo, però, gli entusiasmi si sono raffreddati. Ho capito che non solo la strada davanti a me non era spianata, ma che era anche piena di enormi voragini pronte a inghiottirmi. Sì certo, mi sarei laureato. Ma dopo? Sarei dovuto passare porta a porta a elemosinare un posto di lavoro qualsiasi, che nulla avrebbe avuto in comune con quanto studiato? Sarei stato costretto a lavorare praticamente gratis per mesi, prima di essere salutato con un “arrivederci e grazie” terminato il periodo di stage? Non avrei avuto altra possibilità se non emigrare all’estero, lasciando il mio Paese, la famiglia, gli amici, la ragazza, tutto? Un senso di rassegnato pessimismo ha preso possesso di me uccidendo una a una le mie speranze. “Maledetto il tempo che passa”, dicevo. “Più vado avanti, più vorrei tornare indietro. Quant’era bello quando i problemi erano scegliere chi stava in porta nelle partitelle di calcio tra amici o decidere i regali di compleanno.” Ma non si vive di nostalgia. “Non devo arrendermi. Le cose in questo Paese prima o poi cambieranno. Quando sarò uscito dall’università, la situazione sarà migliore.”
Il problema è che a governare ci siete voi. E in voi io non ho nessuna fiducia. Se potessi vi prenderei tutti a calci, perdonate la franchezza. Ignorando quello che avete fatto negli ultimi vent’anni, in questi mesi avete speso ore ed energie per discutere del destino di una persona. Una persona che, ammetterete, ne ha combinate di tutti i colori, trasformando l’Italia in una barzelletta mondiale e sacrificandola sull’altare dei propri interessi. Mentre dibattevate sulla necessità o meno di salvare questo signore dalla condanna di un tribunale, come se si trattasse di un dio in Terra e non di un cittadino qualunque, dimenticavate di occuparvi dei problemi del Paese. Giocavate a cambiare i nomi delle tasse per farle suonare meglio, distribuivate sorrisi rassicuranti e le solite promesse alle quali nessuno, neanche un bambino, crede più. Andavate proclamando l’imminente uscita dalla crisi, la luce in fondo al tunnel, il sereno dopo un lungo temporale. Tutte cazzate, scusate il termine. Siamo con le gomme a terra, ad aspettare inerti un domani che forse vorremmo non arrivasse mai. Il lavoro si trova solo se si conosce qualcuno, non se si conosce qualcosa. Il furbo viene tutelato, l’onesto soccombe. I meritevoli non hanno spazio per emergere. Voi siete tranquilli, in un modo o nell’altro le vostre poltrone e i vostri privilegi li manterrete. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!”, scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo. Eccolo l’unico vero principio che ha guidato le vostre azioni. La verità è che sono cambiati i concetti e le parole che usate, ma la sostanza è rimasta la stessa. Noi, i poveracci, faremo le spese della vostra irresponsabilità. Voi, i ricchi e i potenti, continuerete a fare quello che volete.
Mi chiedo come riusciate la mattina a osservare allo specchio i vostri visi di uomini che hanno consapevolmente rubato il futuro ad altri uomini. Mi chiedo se siate veramente così bravi da guardare negli occhi i vostri figli sapendo che un domani dovranno riparare ai vostri errori. Mi chiedo se qualche volta non sentiate le spalle pesanti e le vostre giacche impeccabili sporche del sangue di tutti i disperati che si sono ammazzati dopo aver perso il lavoro, la casa, la famiglia, la speranza. Mi chiedo se non vi vengano mai dei dubbi nel sapere di noi giovani sempre più allo sbando, senza più ideali, obiettivi, sogni che non siano tirare a campare. Eppure, nonostante tutto questo, io ho ancora la forza di andare avanti e compiere il mio dovere ogni giorno. Io non sono come voi. Sono migliore di voi. Credo che questo Paese sia altro rispetto allo schifo in cui l’avete trasformato. Credo che torneremo a sperare e che questa incazzatura mi passerà. Credo che le cose, prima o poi, cambieranno davvero e che voi uscirete di scena con il disonore che meritate. Sarà dura, ma ci rimboccheremo le maniche, tireremo fuori le nostre idee e ce la faremo.
P. S. Per una sola cosa vi devo ringraziare: attraverso il vostro comportamento mi avete mostrato il tipo di persona che non vorrò mai diventare.
Con nessuna stima,
Davide Permunian