Una bella novità riguarda parte della redazione di Estensione: alcuni di noi sono entrati a far parte di un’associazione di volontariato giovanile molto nota nel territorio atestino, L’Angolo Giro. Ma di cosa si occupa questo gruppo di ragazzi, e da dove è nata l’idea? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Roman e Annalisa Arru.
-Ciao Alberto ed Annalisa. Presentatevi.
ALBERTO: Sono Alberto Roman, presidente dell’associazione L’Angolo Giro. Ho 24 anni, sono diplomato al liceo scientifico G. B. Ferrari e studio ‘Medicina e chirurgia’ a Ferrara.
ANNALISA: Sono Annalisa Arru, ho 24 anni da poco e sono la segretaria dell’associazione. Ho frequentato a Vicenza il liceo classico con sperimentazione linguistica, e ora studio ‘Diritto dell’unione europea’ a Padova.
-Che cos’è L’Angolo giro? Di cosa si occupa?
ANNALISA: L’Angolo giro è un’associazione culturale giovanile, nata tre anni fa (precisamente il 28 maggio 2010). Siamo sorti volendo essere un momento di incontro e di discussione tra i ragazzi di Este, piuttosto che degli organizzatori di eventi. Il tutto si muove dalla consapevolezza che i giovani della nostra età poco si interessavano a temi come quello dell’immigrazione o del governo della città, e questo perché sentivano che non fosse compito loro farlo, che fosse troppo complicato, non concepivano il loro ruolo all’interno del comune. Sentendo quindi la necessità di non rimanere a parlare solo tra di noi, ma di portare a riflettere un gruppo più ampio di persone, siamo giunti alla conclusione di creare questa associazione. A Este, infatti, l’associazionismo fa molta presa, ed è l’unico modo di avvicinare la fascia giovanile della popolazione; probabilmente sarà il futuro della convivenza sociale.
Nel nostro gruppo comunque proponiamo eventi culturali di vario genere: abbiamo infatti organizzato cineforum, incontri tra associazioni e popolazione, supportato altre associazioni come Medusa, il gruppo di acquisto solidale, programmato la serata il 1° maggio con Spazio Aperto.
ALBERTO: L’idea è venuta a me, Annalisa e Stefano Liverani in un giorno di febbraio. Faceva freddo, pioveva ed eravamo al Roma a bere il caffè; era uno di quei giorni in cui si è un po’ sfiduciati su tutto. In quel periodo alla tv parlavano della legge Bavaglio, delle ronde padane, della generazione mille euro, e noi ci domandavamo come mai tra i giovani non se ne proferisse parola. Abbiamo quindi deciso di creare un qualcosa in cui realmente si affrontassero temi di questo genere, e l’unico modo era tramite l’associazionismo. Spargendo un po’ la voce, a maggio ci siamo trovati nella sala dell’ex biblioteca, in viale Fiume: eravamo molti, quasi una trentina di persone tra coetanei dei primi anni di università, ragazzi degli ultimi anni delle superiori, persone di Este e dintorni. E’ stato bello perché, pur con i primi momenti d’incertezza e le mille idee che frullavano nel cervello, siamo riusciti a parlare di molte idee e da lì abbiamo iniziato non subito a organizzare eventi, ma ad incontrare le varie associazioni come Medusa, Legambiente, Emergency– con la quale abbiamo un collegamento solido- con il Gruppo di Acquisto Solidale, e l’Euganea Movie Movement – con la quale abbiamo partecipato ad un cineforum: questi sono gruppi che si impiegano di un tema preciso, mentre noi volevamo essere un po’ più trasversali, un po’ per la nostra età, un po’ perché eravamo appena nati, e anche perché volevamo inglobare molti target.
Da questo punto siamo partiti ad organizzare delle serate nostre, e il primo progetto è stato Este in posa, un concorso fotografico del 2010, cui è seguito il Cinegirum, che ha trattato vari temi sociali con l’intervento di alcuni relatori che parlavano dopo la visione dei video. E’ stata la volta poi del muro di via Olmo, che abbiamo cercato di abbellire con dei disegni realizzati con le bombolette spray.
Quest’anno ci siamo occupati inoltre del Giorno della Memoria chiamando Gregorio Carboni Maestri – presidente della commissione per la salvaguardia del memoriale italiano di Auschwitz -, questo perché ogni stato che ha avuto deportati ha un proprio padiglione nella città polacca, mentre l’Italia, non finanziando più il progetto, è l’unica nazione che ce l’ha chiuso . Recentemente abbiamo collaborato con l’Este Bike presentando il libro ‘Il sogno di Nenette’, che racconta il viaggio di un gruppo di ciclisti provenienti da Bassano fino alla città del Senegal: è stata una bella serata, la sala Nassiriya era stracolma.
-Siete legati a qualche partito?
ANNALISA: No, abbiamo preferito non legarci ad un partito, dato che, più che creare una base di elettorato giovanile, la nostra idea è quella di trovare un modo per coinvolgere giovani. Crediamo che si possa trattare di temi politici anche non avendo necessariamente un’inclinazione o un’appartenenza partitica.
ALBERTO: Ci si può fare un’idea senza essere etichettati in una fede politica.
ANNALISA: E si può discutere di quell’idea. Il dialogo va cercato anche con persone che non la pensano come te. Questo è il bello dell’associazionismo, cioè conoscere persone con idee differenti ed imparare dalle idee degli altri.
-Da dove è nato questo nome?
ALBERTO: L’ideatore è Alberto Diantini. Dopo il primo incontro abbiamo creato un gruppo provvisorio che non era dotato di nome vero, poi, parlando durante i successivi incontri riguardo al nome, è sorta l’idea geniale: essendo eterogenei in tutto, come idee, in quello che si fa, in qualunque forma, perché non chiamarsi L’Angolo giro? Una cosa a 360°. Il logo è stato creato in seguito da me e poi perfezionato un ragazzo che collabora a volte con Spazio Aperto, un grafico, Paolo Botezat.
-Quanti sono i membri dell’associazione?
ANNALISA: Una quindicina. Abbiamo deciso di mantenere l’associazione aperta, poiché reputiamo che chiunque sia interessato e voglia partecipare possa essere libero di farlo.
ALBERTO: Abbiamo deciso di non fare tesseramenti. Non ci sono obblighi o vincoli di nessun tipo.
-Come funziona l’associazione? Vi riunite per decidere di quali progetti occuparvi?
ANNALISA: Durante la prima riunione dell’anno cerchiamo di capire cosa vogliamo fare durante tutto il periodo, quante serate vogliamo organizzare. Di volta in volta nascono temi particolari di cui occuparsi, oppure altre associazioni ci propongono di partecipare a determinati eventi.
ALBERTO: Quando ci si riunisce è già nota la scaletta della serata, si sa di cosa si debba parlare. Comunque ognuno può proporre qualcosa e ogni presa di progetto avviene tramite votazione.
-Qual è il vostro traguardo più grande? Ci sono stati dei momenti in cui avete pensato di mollare?
ANNALISA: Il nostro è un progetto a lungo termine, capita spesso che ci si fermi a pensare. Io sono stata molto contenta di come si è svolta una serata del Cinegirum sulla salute e sull’immigrazione, perché in quell’occasione abbiamo potuto appurare che far discutere funziona. Anche il vedere una sensibilità dei ragazzi a certe problematiche, o la semplice volontà di partecipare per me è un traguardo.
E’ difficile riuscire a raggiungere l’obiettivo, molto pretenzioso, di riuscire a sensibilizzare sui diversi temi, di rendere i giovani più consapevoli ed interessati, e per questo è necessario sempre trovare nuove persone interessate; non si può pensare di fare le cose da soli.
ALBERTO: La prima serata del Cinegirum, con Francesco Sartori (un professore che ha collaborato con Paolo Barnard, giornalista di Report, e che ha scritto un libro insieme ad altri malati di cancro su cosa significasse stare ‘dall’altra parte’) , che trattava del rapporto medico-paziente, mi ha lasciato un gran ricordo. Tutta la serata è stata per me una grande soddisfazione, Sartori è un uomo dotato di molta umanità, e i complimenti a fine evento ci hanno gratificato. Dietro ad ogni serata, ad ogni evento, c’è molta organizzazione, si deve pensare ad ogni minimo dettaglio, e la più piccola cosa che può saltare pesa, soprattutto per il lavoro svolto in precedenza, anche se il pubblico può non accorgersene troppo.
Anche la serata organizzata per Emergency, per la quale noi siamo i referenti per la bassa padovana, essendo l’associazione cui i gruppi di Padova e Rovigo si appoggiano quando si pensa a qualche evento nella zona, è stata un traguardo.
Vedere,inoltre, gente, come voi di Estensione, che si interessa, che vuole impegnarsi, che crede in quello in cui crediamo noi è una cosa molto positiva. Ovviamente a volte sorgono dei dubbi, ci sono momenti in cui si capisce che si potrà seguire un po’ meno l’associazione per i vari impegni, che ci sarà inevitabilmente un in & out, ma sapere che ci sono persone dietro pronte a mandare avanti l’associazione è una bella consapevolezza.
-Come vedete l’attuale realtà giovanile? E’ davvero tutto perduto?
ANNALISA: Io vedo che qualcosa si sta lentamente smuovendo, inizia a svilupparsi un interessamento da parte dei ragazzi ai vari temi. Il problema è che questo deve essere spinto, non guidato, da un dialogo costante con gli altri, altrimenti si rischia di rimanere fossilizzati in opinioni inculcate da tempo, finendo probabilmente ad essere preda di facili populismi non sentendosi quindi davvero coinvolti, dato che si introietta ma non si sviluppa. È bello vedere ragazzi più giovani che si preoccupano del bene della città; noi temevamo che la nostra generazione fosse l’ultima ad interessarsi di questa cosa, ma vedere ragazzi più piccoli pronti a proporre e con voglia di fare fa sentire speranzosi.
ALBERTO: Non sono per nulla pessimista. In questo momento c’è questa infausta crisi, che però crea uno stimolo a pensare in maniera nuova: la gente comincia un po’ di più ad interessarsi, vuole cambiare qualcosa. Il tutto deve partire da noi giovani, perché noi saremo il futuro.
ANNALISA: Stiamo cominciando a capire che oltre a chiedere di avere una voce è necessario lavorare per averla, e per farsi capire non si deve per forza passare da un partito.
ALBERTO: L’unico passaggio che manca è quello che collega il malcontento generale ad una presa di posizione attiva e positiva.
-Grazie, ragazzi. E’ stato un piacere.
ALBERTO: Grazie a voi.
ANNALISA: Grazie a voi.
A cura di Ilenia Sanna