Allarme jihadisti in Veneto: ecco cosa sta accadendo

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Jihadisti (Foto: l'arena.it)
Jihadisti (Foto: l’arena.it)

La crisi che coinvolge il Medio Oriente ha creato, e continua tuttora a creare, delle forti ripercussioni internazionali non solo di carattere politico-diplomatico, ma anche religioso e sociale, soprattutto sociale, ed in particolar modo di tensioni sociali. In Europa, in Italia ed anche in Veneto. Sì, proprio nella nostra Regione.
Quasi un mese fa venne espulso l’Imam marocchino Abd Al-Barr Al-Rawdhi, della Comunità islamica di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, da parte del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, per “grave turbamento dell’ordine pubblico e pericolo per la sicurezza nazionale e discriminazione per motivi religiosi“. Questa la motivazione del provvedimento.
Allah contali uno a uno e uccidili fino all’ultimo, non risparmiarne neppure uno” (riferito agli ebrei). Queste le parole che l’Imam pronunciò, e che causarono la sua espulsione. “Non è accettabile che venga pronunciata un’orazione di chiaro tenore antisemita, contenente espliciti incitamenti alla violenza e all’odio religioso” sottolinea Alfano. “Per questo ne ho disposto l’immediata espulsione dal territorio nazionale. La mia decisione valga da monito per tutti coloro che pensano che in Italia si possa predicare odio“. L’invettiva antisemita era stata diffusa in un video, per questo erano scattati gli accertamenti dello Servizio Centrale Antiterrorismo, della Digos di Venezia con il coordinamento della Procura.
L’Imam, ci tengo a ricordarlo, è la guida spirituale di una data comunità islamica su di una data città o territorio. Egli funge da punto di riferimento religioso e non solo: egli è il capo della comunità, ed è ovvia la sua influenza decisionale a vari livelli sui suoi fedeli.
Ismar Mesinovic (Foto: mattinopadova.gelocal.it)
Ismar Mesinovic (Foto: mattinopadova.gelocal.it)

Tuttavia questo non è l’unico caso degno di nota: pochi giorni fa il Procuratore distrettuale di Venezia, il magistrato Walter Ignazitto, assieme al comandante dei carabinieri del Ros di Padova, colonnello Paolo Storoni, sono tornati al lavoro sull’indagine relativa agli incontri segreti tra bosniaci musulmani, tra cui Ismar Mesinovic, e l’Imam estremista Bilal Bosnic, avvenuti nei comuni di Conegliano, Vittorio Veneto e Orsago, in Provincia di Treviso, nel 2013.
In questi incontri, l’Imam avrebbe predicato loro, ed in particolar modo ad Ismar Mesinovic, di intraprendere la jihad, di “lottare, predicare o finanziare la lotta contro gli infedeli occidentali, poiché un giorno tutto il mondo sarà uno Stato islamico, anche il Vaticano“. Mesinovic, che svolgeva l’attività di imbianchino nel comune bellunese di Longarone, portandosi con sé il figlio Ismal di tre anni, maturò la decisione di andare in Siria a combattere: venne ucciso a gennaio di quest’anno, del piccolo Ismal non si hanno più tracce e la Procura di Belluno ha aperto un fascicolo sulla sua scomparsa.
L’indagine della Procura di Venezia e dei carabinieri del Ros di Padova mira a ricostruire i legami e le relazioni che hanno condotto l’imbianchino di Longarone ad abbracciare la guerra santa e ad andare in Siria, dove morì. L’Imam Bilal Bosnic è indagato per il reato di terrorismo internazionale (articolo 270 bis del Codice penale).
I seguenti fatti hanno spinto il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ad incontrare le comunità islamiche del Triveneto, l’incontro è previsto in settimana, per “saldare un patto, cercando di evitare lo scontro di civiltà. Sono convinto che non bisogna aprire nuove moschee e che le prediche nei centri islamici vadano fatte anche in italiano. Ho chiesto un incontro con e tra tutte le comunità islamiche del Veneto” afferma Zaia.
Le Comunità, dal canto loro, si sono riunite a Marghera venerdì scorso, assieme all’Imam di Venezia, Hamad Mahamed e ad altri esponenti islamici, nonché di Monsignor Dino Pisolato, in rappresentanza della Diocesi di Venezia, che ha appoggiato l’iniziativa. “Quello che stanno facendo le Milizie dello Stato Islamico dell’Iraq e Siria (Isis), ovvero la persecuzione o l’espatrio dei cristiani, non rappresenta lo spirito dell’Islam, che è basato sulla comprensione e sulla misericordia. Le azioni dell’Isis non sono altro che gesti di criminali che si sono mascherati con l’abito religioso” afferma Mohamed Amin Al Ahdab, Presidente della comunità Islamica veneziana. Una risposta seria in un momento critico.
Lo scenario, comunque, non è per niente rassicurante. Non si tratta di fare allarmismo o strumentalizzazione politica, non si tratta di puntare il dito allo straniero in quanto straniero, si tratta di guardare in faccia alla realtà, spogliandosi da ogni velleità di sottovalutazione del fenomeno: perché signori come gli Imam Al Rawdhi e Bosnic hanno potuto fare tutto ciò? Sono a conoscenza che ciò che hanno fatto va giuridicamente e moralmente contro la nostra Costituzione? Come fanno questi signori ad essere tra noi?
Questi personaggi sono incompatibili con la nostra Società, una società laica, con tutti i suoi difetti, ma tollerante. Si possono rifiutare i principi del Cristianesimo, ma non si può invocare la distruzione del Cristianesimo. Si può essere contrarissimi alla politica degli Ebrei in Palestina, ma non si può invocare un secondo Olocausto (stesso discorso vale per gli Ebrei estremisti).
Essi non lo capiscono perché noi non glielo facciamo capire. Essi sono un male da estirpare non solo per noi, ma anche per gli islamici moderati che vogliono, e hanno tutto il diritto di farlo, integrarsi e vivere civilmente con noi. Non va fatto un processo alla religione, ma ai suoi estremisti. Ne va dei nostri principi costituzionali, laicità e tolleranza, ma soprattutto della nostra sicurezza, della nostra identità, del rispetto fra i popoli.
Umberto Marsilio