E’ già passato qualche giorno dalla fine dei Mondiali di calcio, ma ancora non si spegne l’eco mediatico della manifestazione sportiva più seguita del mondo. L’edizione 2014, ospitata in Brasile, ha visto trionfare la Germania, giunta al quarto titolo iridato, a pari merito con la Nazionale italiana. Il nostro Paese è famoso per essere dimora di oltre 60 milioni di allenatori, e così Estensione ne ha approfittato per rivolgere a una piccola percentuale di essi alcune domande riguardo alle questioni emerse durante la competizione e che sono divenute argomento di dibattito nelle piazze e nei social network.
Una trentina gli intervistati, tutti tra i 18 e i 25 anni. Per tutti, la vittoria finale della Germania è più che meritata, anche se per il 10% il successo dei panzer all’ultimo atto, contro l’Argentina, non è stato propriamente legittimo. Un trionfo meritato per tanti motivi: per il 42%, la Germania era la squadra più forte, coesa, completa, organizzata; per il 28%, era l’unica delle big a non affidarsi a un singolo, ma alla forza e alla qualità dell’intera rosa; per il 17%, il successo in terra brasiliana premia il progetto a lungo termine teutonico e la costanza di risultati ottenuti dalla Mannschaft nell’ultimo decennio; infine, solo il 13% ha mostrato di apprezzare pienamente il gioco espresso dalla Nazionale allenata da Joachim Löw.
Sì, il ritorno della Germania sul tetto del mondo dopo 24 anni è meritato, ma non gradito, a quanto pare, dalla maggioranza degli italiani, che almeno mostrano grande sportività. Oltre il 50% degli intervistati ha tifato per l’Argentina durante la finale del Maracanà, tanti per la paura di venire raggiunti a quota quattro Mondiali in bacheca, molti per la rivalità storica che contrappone gli azzurri ai panzer, indicati come “antipatici” e “favoriti” (rispolverando quindi la strategia del “tifo per il più scarso”), alcuni per la curiosità di vedere Messi alzare la Coppa per un trionfo argentino in territorio verdeoro, qualcun altro ancora per la presenza tra le file dell’Albiceleste di alcuni giocatori che abitualmente militano nella loro squadra del cuore in Italia. Il 33% si è invece arreso al fascino dell’armata tedesca, più forte e più squadra degli avversari. Tra le motivazioni anche l’antipatia di molti verso Messi, visto come “presuntuoso”, “falso leader” e “indegno erede” di quel Diego Armando Maradona che faceva la differenza anche in Nazionale. Il restante 17%, prima del fischio d’inizio, si augurava semplicemente di assistere a una partita spettacolare e meritocratica.
Joachim Löw probabilmente continuerà la sua avventura sulla panchina della nazionale neo-campione del mondo. Chi invece è ancora senza commissario tecnico è l’Italia, reduce da un Mondiale fallimentare, con la FIGC in preda a uno stato di totale confusione dopo le dimissioni di Cesare Prandelli e del presidente Giancarlo Abete. I nomi dei successori sono da settimane gli stessi: Guidolin, Spalletti, Mancini, Allegri. Sono nelle ultime ore è comparsa l’ipotesi Antonio Conte, l’ex allenatore della Juventus protagonista della rescissione shock con la società bianconera. E’ lui l’alternativa preferita da parte degli intervistati, registrando quasi il 50% dei gradimenti. Al secondo posto Roberto Mancini, vicino al 30% delle preferenze, e a seguire Guidolin, Spalletti e a sorpresa Carlo Ancelotti, attuale allenatore del Real Madrid. Nessun voto per Max Allegri, fresco sostituto di Conte sulla panchina della Vecchia Signora: non proprio un ottimo segnale per i tifosi bianconeri.
In conclusione, ci siamo affidati alla voce del popolo per scoprire la ricetta che possa ridare nuova linfa al calcio italiano. Cosa bisogna cambiare nel nostro sistema calcistico per tornare competitivi a livello internazionale? Anche qui i trenta rispondenti si sono sbizzarriti. Il pensiero unico che si può estrarre è il seguente: è necessario credere nei settori giovanili e negli allenatori italiani, facendo giocare i giovani azzurri in prima squadra, magari favorendo il loro inserimento imponendo un tetto al numero di stranieri ed extracomunitari, spesso più scarsi dei nostri connazionali ma meno cari da acquistare. Per fare ciò servono programmazione e pazienza, qualità sconosciute alla maggior parte delle società italiane, ma che il modello tedesco ha portato alla ribalta, insieme alla creazione delle cosiddette “squadre B”, seconde formazioni dei top club che militano nelle serie inferiori e danno spazio agli under 23. Altri capi saldi del cambiamento dovranno essere il rinnovo della classe dirigente, con un presidente della FIGC giovane e carismatico, la costruzione di stadi di proprietà moderni e sicuri e le riforme delle leggi sui diritti tv e sul fair play finanziario, che sembrano favorire gli sceicchi e svantaggiare le squadre del Belpaese, costrette a ricercare nuovi potenti investitori stranieri. Gli italiani sono un popolo abituato a cadere e rialzarsi, ce la faranno anche questa volta?
Giacomo Visentin