Venezia shock: arrestati sindaco, assessore e consiglieri regionali. Altra Tangentopoli?

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corruzioneCerto, per carità, esiste la presunzione di innocenza e siamo tutti garantisti fino alla condanna definitiva. Ma non è un po’ strano che sistematicamente, in occasione delle gare d’appalto, ci siano liste chilometriche di indagati? Forse qualcosa che non va nel sistema e nella cultura politica di questo Paese c’è. La corruzione sembra ormai una pratica istituzionalizzata: è diventata la norma, mentre un affare concluso legalmente rappresenta l’eccezione all’interno di un mondo torbido dove si gioca a chi intasca di più. Questa mattina, giusto per ricordarci che il problema non è limitato a un’area geografica ben precisa (il Sud) come in passato ha sentenziato qualche illustre benpensante, un autentico terremoto giudiziario ha squassato Venezia. La Procura ha disposto l’arresto di 35 persone tra cui il sindaco della città lagunare Giorgio Orsoni, l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso (senza dubbio l’uomo più amato dai pendolari veneti), diversi consiglieri, alcuni importanti esponenti del mondo imprenditoriale e un generale della Guardia di Finanza in pensione, Emilio Spaziante. I magistrati hanno chiesto un provvedimento di custodia cautelare anche per Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro, attualmente parlamentare, sul quale toccherà alla Camera dare il via libera. Le accuse, formulate nell’ambito dell’inchiesta sul Mose, vanno dai reati contabili e fiscali alla corruzione, dalla concussione al finanziamento illecito. Al centro delle indagini ci sarebbero, in particolare, fondi neri ottenuti attraverso false fatture maggiorate per un totale accertato di 25 milioni di euro. Una nuova Tangentopoli? No, siamo riusciti a fare di meglio, pardon, di peggio, stando a quanto dichiarato ai giornalisti dal procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio. 
Il punto è che le Tangentopoli in Italia sono come i rotoli di carta igienica di una nota pubblicità televisiva: non finiscono mai. Non si ha neppure il tempo di dimenticare uno scandalo, che subito ne scoppia un altro ancora più imbarazzante. Prima la raffica di indagati per le spese folli dei Consigli regionali, poi gli arresti all’Expo, ora la bufera sul Mose. Pare che nessuna opera pubblica possa essere realizzata senza che qualcuno tenti di ricavarvi illecitamente dei vantaggi. C’è stato un tempo in cui la politica era un’altra cosa. Un tempo in cui a governare erano persone oneste e amministrare significava davvero lavorare per il bene collettivo. Ma tutto ciò non è più di moda da un pezzo. Nel mondo politico, come nella società e nei rapporti interpersonali, i furbetti prevalgono sugli onesti e l’interesse personale va perseguito a qualsiasi costo, anche a scapito di quello altrui: non c’è codice etico o morale che tenga. In una situazione simile non resta che un solo antidoto alla corruzione della pubblica amministrazione: la trasparenza. Ma in Italia, ahimè, siamo molto indietro anche su questo.
Davide Permunian
Foto: www.lospiffero.com