L’economia della Germania, la locomotiva d’Europa, è calata nel secondo trimestre dello 0,2%, un dato peggiore delle previsioni dopo due anni di crescita costante. Male anche la Francia, la ripresa non c’è, l’economia è ferma e Parigi ha già fatto sapere che non rispetterà gli obiettivi di deficit per il 2014. Dell’Italia in recessione invece lo si sapeva già da una settimana. Il Pil del nostro Paese scende dello 0,2% nel secondo trimestre del 2014 dopo la frenata dello 0,1% del primo trimestre e registra su base annua un calo dello 0,3%. Nel complesso il PIL dell’Eurozona, a un anno dall’uscita della recessione, ha subito un nuovo stop: crescita zero su base trimestrale e +0,7% su base annua.
Il timore diffuso in questi giorni è che l’Europa scivoli in deflazione. Per questo da più parti a Bruxelles è stata sollevata la richiesta di un allentamento della rigidità sui conti e di una maggiore flessibilità volta a favorire la crescita, come da tempo richiede l’Italia. La Francia nei giorni scorsi ha apertamente richiesto un intervento più deciso della Banca Centrale Europea. Ma a frenare le richieste francesi è arrivato il bollettino mensile della Bce, il quale ricorda come i paesi dell’Eurozona debbano continuare a procedere in linea con il Patto di stabilità e crescita senza vanificare i progressi conseguiti, risanando i bilanci in modo da favorire l’espansione economica.
La Bce ha però anche ribadito di essere pronta a ricorrere a strumenti non convenzionali nel quadro del proprio mandato qualora si rendesse ancora necessario affrontare rischi connessi con un periodo di bassa inflazione eccessivamente prolungato. Il Presidente della Bce Mario Draghi è poi tornato ad avvertire che le azioni di politica monetaria sono inefficaci se gli Stati non fanno la loro parte, attuando le riforme strutturali indispensabili per promuovere gli investimenti privati e la creazione di posti di lavoro.
Il dato allarmante oggi è che quella del Vecchio Continente è l’unica importante economia del pianeta che continua a non crescere. Nonostante qualche segnale positivo nel 2013, il PIL dell’Eurozona continua a oscillare attorno allo zero e l’occupazione rimane stagnate. Se la recessione del 2008 ha avuto caratteristiche simili a quella degli Stati Uniti, per tempi, durata e profondità, dal 2011 l’andamento ciclico dell’area euro è stato molto diverso da quello statunitense. Questo dato è un fatto unico dal dopoguerra ad oggi e deve farci particolarmente riflettere. A fronte di una crescita del 4% del PIL del secondo trimestre negli Stati Uniti, l’Eurozona segna una crescita zero.
La mancanza di riforme strutturali non può da sola spiegare il fatto inedito dello scollamento ciclico tra noi e gli Stati Uniti. Questo significa che le riforme strutturali chieste ai singoli Stati per creare le condizioni di crescita economica da sole non bastano. E necessario quindi, oggi più che mai, per uscire definitivamente dalla crisi e tornare a crescere, trovare un piano d’azione comune che comporti un maggiore coordinamento tra un’autorità federale indipendente, la Bce e le diverse autorità nazionali.
Andrea Bassan
Un dato su tutti gli Stati Uniti hanno stampato dal 2009 ad oggi circa 4.000 miliardi di $ alzando di volta in volta il tetto del debitoL’Europa con la Germania in testa ha imposto la politica del rigore .Ad essere troppo rigidi si finisce male,infatti questa rigidità non favorisce la crescita anzi .
Rigore oggi significa RIGOR MORTIS ,e’ questa la fine ci faranno fare ?
Italia campione mondiale della pressione fiscale.A luglio 156.000 domande di rateizzazione delle imposte .Alla faccia della ripresa della domanda interna.
Dare forza a chi cambia l’Europa non a chi in questi anni l’ha sotterrata .
Leggete l’articolo di F.Fubini su Repubblica.
IDEE NUOVE FRESCHE ,LARGO AI GIOVANI EUROPEI NON AI CONTABILI DELLA DISPERAZIONE.
Comments are closed.