Quanto ci costa l'embargo russo?

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Fonte immagine: www.welfarenetwork.it

 
Dopo la tragedia aerea della Malaysian Airlines avvenuta nei cieli ucraini lo scorso 17 luglio ad opera presumibilmente dei separatisti filorussi, UE, USA, Norvegia, Canada e Australia hanno deciso di adottare dure sanzioni nei confronti della Russia, accusata di fomentare il conflitto civile in Ucraina e di fornire aiuti ai separatisti.
La reazione di Mosca non si è fatta attendere, e ha portato a una serie di contro-sanzioni destinate a cambiare la mappa degli scambi commerciali internazionali.
La Russia ha infatti provveduto ad interrompere le relazioni commerciali per 12 mesi con quegli stati che la accusano e, oggetto di questo embargo, sono i generi alimentari come frutta, verdura, carni bovine e suine, pollame, pesce, formaggi e tutti i latticini, ad esclusione di vini e alcolici (che da soli valgono ben 200 milioni di euro), bevande, alimenti per l’infanzia.
Attualmente l’Italia è il secondo partner europeo della Russia a livello commerciale e quarto a livello mondiale, con un export in costante crescita, tanto che sono in continuo aumento le aziende italiane che aprono filiali estere nella terra degli Zar. Esportiamo soprattutto beni di lusso, dalla moda al design, ai gioielli, e beni alimentari, forti del marchio “Made in Italy”, ovunque riconosciuto come sinonimo di qualità e eccellenza.
Negli ultimi giorni diverse associazioni di categoria hanno avvertito il pericolo embargo per il nostro paese e hanno stimato possibili perdite per l’economia comprese tra 700 milioni – 1 miliardo di euro (Confederazione Italiana Agricoltori e Coldiretti). Una riflessione superficiale potrebbe indurci a pensare che non è tutto sommato una perdita così grande a confronto dei 1500 miliardi di euro fatturati annualmente da nostro paese in termini di Pil.
Tuttavia è bene sottolineare che si parla di un settore fragile e importante come quello agricolo, che in generale risente enormemente anche di perdite non elevate, una situazione aggravata anche dalle particolari condizioni meteo che hanno accompagnato questi mesi e che hanno causato danni ingenti all’agricoltura. Tutto ciò si traduce in una perdita occupazionale non indifferente che si ripercuote anche per chi lavora lungo la filiera produttiva, con 150000 posti di lavoro a rischio.
Il Veneto, secondo le stime della Regione, potrebbe subire perdite pari a circa 450 milioni, diventando la regione più colpita.
Nel frattempo anche in Russia gli effetti dell’embargo cominciano a farsi sentire, gli scaffali cominciano a svuotarsi per riempirsi di merci provenienti da Sudamerica e Cina, designati da Putin come nuovi partner commerciali in attesa di un segno di cedimento della UE. Tuttavia il gradimento dei cittadini verso questi prodotti non sembra essere molto elevato perché, oltre alla dubbia qualità dei beni, è importante sottolineare che questi subiranno un aumento di prezzo, visto il grande sforzo sostenuto per il trasporto.
Difatti il Ministero dello Sviluppo Economico di Mosca è stato costretto ad alzare le previsioni per l’inflazione nel 2015 a 6,5 punti percentuali e il ministro dell’Agricoltura ha annunciato che il governo russo dovrà sostenere il suo agroalimentare con 13 miliardi di euro di fondi pubblici da qui al 2020 per compensare il divieto di import di prodotti nel braccio di ferro delle sanzioni tra Mosca e Occidente per l’Ucraina. La guerra commerciale sui prodotti alimentari scatenata dalla Russia rischia dunque di ripercuotersi contro di essa oltre che alimentare una catena negativa per l’economia mondiale.
In uno scenario del genere la via maggiormente auspicabile dal punto di vista economico sarebbe quella di ritirare sanzioni e contro sanzioni il prima possibile, una via che purtroppo non sembra così semplice e immediata, visto il logorante braccio di ferro che continua da anni tra Putin e l’Occidente e che sembra ora arrivato al culmine, vista la volontà di entrambi di arrivare fino in fondo. Anzi, la volontà di UE e USA sembra quella di inasprire ulteriormente le sanzioni, mossa che ha già trovato eventuali contro-provvedimenti nel blocco di importazioni di auto, nella chiusura di spazi aerei e nell’interruzione delle esportazioni di risorse energetiche. Intanto i giganti dell’energia hanno già cominciato ad alzare la voce, perché se Mosca non può vendere a terzi ciò che si trova sul proprio suolo l’economia ne risentirà, e una prima stima calcola una perdita di 23,3 miliardi di euro, più dell’1% del Pil nazionale russo.
Maverik Allegro