
L’Italia vive, e ciò è sotto gli occhi di tutti, un momento assai difficile, per non dire drammatico, da un punto di vista sociale ed economico. Una crisi politica può manifestarsi anche senza una crisi economica, ma una crisi economica porta per forza di cose pure ad una crisi politica. Il mondo politico italiano, negli ultimi anni, ha subito dei cambiamenti all’apparenza superficiali, ma nell’essenza profondi: il tramonto del bipolarismo (ammesso che vi sia stato), la comparsa sulla scena politica di nuovi movimenti e di nuovi personaggi (Matteo Renzi, Beppe Grillo, Mario Monti), il cambiamento della leadership nel Partito Democratico, l’avanzata del Movimento 5 Stelle, la rottura e la scissione del Popolo della Libertà, il più grande partito del centrodestra.

La cosiddetta Seconda Repubblica, ovvero il periodo che va dalla fine di Tangentopoli, 1994, alla caduta del IV Governo Berlusconi, novembre 2011, è tramontata. Con essa sono tramontati, chi più chi meno, tutti i protagonisti di questa fase della nostra storia politica: Silvio Berlusconi (il protagonista principale), Romano Prodi, Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Francesco Rutelli, Pierferdinando Casini, Umberto Bossi, Antonio Di Pietro, Fausto Bertinotti. Sulla scena politica sono comparsi nuovi personaggi: Mario Monti, che fu da Giorgio Napolitano nominato Presidente del Consiglio nel Novembre 2011, e che fu la risposta “tecnica-istituzionale” che il mondo politico cercò di dare in vista di una crisi finanziaria ed economica che stava dando i suoi risvolti peggiori, e che attualmente sta ancora dando. Egli rappresentò la via dell’austerità finanziaria, e pagò questa strategia alle Elezioni Politiche del febbraio 2013. Monti fondò una sua lista, Scelta Civica con Monti per l‘Italia, si alleò con Casini e Fini per costituire un grande centro e insieme persero le elezioni. La prospettiva di costituire un blocco politico centrista svanì.

Un altro personaggio importantissimo è Beppe Grillo, che si presentò con il Movimento 5 stelle, da lui fondato, alle elezioni del 2013, ottenendo un forte successo: fu il partito più votato, con oltre il 25%. ll Movimento ebbe la possibilità di formare un Governo con il Partito Democratico di Bersani (visto che la coalizione dove il Pd si collocò, Italia Bene Comune, ottenne il premio di maggioranza alla Camera previsto dalla legge elettorale in vigore in quel momento, il cosiddetto Porcellum, ora bocciato dalla Corte Costituzionale) ma Grillo rifiutò, accatastandosi all’opposizione in Parlamento. Un’opposizione certo lodevole, ma priva di reali prospettive politiche. Il Movimento segnò un mutamento del sistema politico italiano, creando una sorta di terzo polo alternativo sia alla sinistra sia alla destra. Il Movimento era ed è caratterizzato da una forte componente ambientalista, progressista, legalitaria anche se con risvolti “antisistema” e contro la “casta“. Non ottenne un forte successo nelle ultime elezioni europee, e il suo leader è stato ed è ancora oggetto di critiche da parte di certi soggetti della base del Movimento per i modi della sua guida. Il suo futuro è ancora tutto da decidere.

Quale futuro si prospetta per il centrodestra e per la destra italiana? La risposta a questa domanda può essere ambivalente: da una parte la leadership potrebbe essere assunta da Matteo Salvini, giovane leader della Lega Nord, un partito oramai avocato a carattere nazionale, e non più locale, e che detiene come cavalli di battaglia la lotta all’immigrazione clandestina e all’euro, nonché alle direttive finanziarie di Bruxelles. Tuttavia, altri nomi sono in lizza per la leadership: Giorgia Meloni, presidente del partito “Fratelli d’Italia“, erede di Alleanza Nazionale. Salvini o la Meloni rappresenterebbero comunque la svolta radicale della destra italiana. La svolta, o il ritorno ,a una leadership moderata potrebbe essere assunta da Angelino Alfano, presidente del Nuovo Centrodestra e attuale Ministro dell’Interno, nella speranza di poter ricostituire un partito di centrodestra che riunisca la componente liberale e moderata, lo zoccolo duro, da un punto di vista elettorale, dell’oramai scomparso Popolo della Libertà. Tuttavia, è da escludere una possibile alleanza tra Salvini o la Meloni con Angelino Alfano, visto che quest’ultimo si troverebbe degli alleati che si oppongono ad un Governo di cui egli fa parte.

Da questa enigmatica e complessa partita non si può ancora escludere Silvio Berlusconi, attuale Presidente della rinata Forza Italia. Nel novembre 2013, dalle ceneri del Popolo della Libertà, che era al Governo con il Partito Democratico, nacquero il Nuovo Centrodestra e di nuovo Forza Italia. Il primo decise di mantenere l’appoggio al Governo Letta (appoggio che sta tutt’ora mantenendo al Governo Renzi), mentre Berlusconi decise di passare all’opposizione. Il 18 gennaio 2014 accadde un avvenimento che spiazzò tutti: Silvio Berlusconi incontrò Matteo Renzi, allora solamente Segretario del Pd, nella sede del Partito Democratico, in Via del Nazareno a Roma. Il patto assunse il nome di “Patto del Nazareno”. Esso mira a una serie di riforme costituzionali fra cui la riforma del titolo V della Costituzione, con l’eliminazione dei rimborsi ai gruppi consiliari regionali, la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie senza elezione diretta dei senatori e la riforma delle legge elettorale, il cosiddetto Italicum. In definitiva, Berlusconi tentò di riavere una certa visibilità politica dopo molto tempo passato “nell’ombra”, mentre Renzi cercò di spianarsi la strada in vista dell’approvazione di una serie di riforme che egli era già intenzionato ad avviare, ma che in prospettiva di una futura votazione parlamentare, necessitavano di una ampia maggioranza, e visto il “no” di Grillo, rimase solo Berlusconi come ultimo interlocutore. Il Cavaliere, vista la sua situazione giudiziaria, la sua decadenza da Senatore, la sconfitta elettorale subita da Forza Italia alle Elezioni Europee di maggio 2014, è consapevole del fatto che oramai non può esser più il leader del centrodestra che lo ha visto trionfare ben 3 volte e rimontare incredibilmente alle elezioni del 2013. Forza Italia è oramai l’ultimo atto della sua vita politica. Egli ha segnato,nel bene e nel male, 20 anni della storia del nostro Paese.

Matteo Renzi è indubbiamente il protagonista principale di questa nuova fase politica: nel dicembre 2013 vince le primarie nel Partito Democratico e viene eletto Segretario. Nel giro di pochi mesi, l’intera architettura istituzionale del Pd viene sostituita. Nel febbraio 2014 viene nominato Capo del Governo, un Governo che ricalca l’identità politica di quello precedente guidato da Enrico Letta: una coalizione tra Pd, Ncd, Scelta Civica, Popolari per l’Italia e Psi. Vi è da chiedersi che fine avrebbe fatto questo partito senza l’avvento di Renzi: sarebbe sprofondato? Chi può dirlo, sicuramente non avrebbe raggiunto dei livelli di consenso mai così alti. Detto ciò, proprio in questi giorni la minoranza del partito, guidata dai vari Cuperlo, Fassina, Civati sta minacciando la scissione dal partito. Non c’è da sorprendersi, il Pd è un partito erede e fusione di due scuole politiche ben distinte, quella cattolica-popolare e quella socialista-comunista. Il Presidente-Segretario, tuttavia, non è preoccupato dalla minaccia scissione, e si dice convinto della stabilità del suo partito. Egli è consapevole delle varie opportunità che ha di fronte, vuoi per pura fortuna di circostanze, vuoi per la sua abilità comunicativa e di presentazione della propria immagine: egli mira a creare intorno a sé un consenso plebiscitario, e la sua intenzione di far del Partito Democratico il “Partito della Nazione” va proprio in questo senso, sempre se riuscirà a “tener buoni” gli esponenti della minoranza interna al suo partito.
Renzi ha percepito e intuito meglio di tutti che avere impugno l’elettorato “moderato“, facente capo agli ex elettori un tempo della Democrazia Cristiana e fino a ieri di Berlusconi, è la chiave di volta per aver buone possibilità di vincere le elezioni. La prova sono i risultati delle ultime Elezioni Europee. La storia dimostra che gli italiani sono un popolo molto diffidente ai cambiamenti, ma nello stesso tempo molto propenso ad “affidarsi” nelle mani e nelle volontà dell’uomo politico, in tal momento, più abile nel saper comunicare e nel saper intercettare gli umori, le speranze e le aspettative degli italiani stessi. Insomma, siamo un popolo di dannunziani, diamo molto valore alla componete estetica e all’apparenza dei personaggi stessi. Certo, questa caratteristica non è un difetto in sé e per sé ,non sempre l’apparenza inganna, ma la maggior parte delle volte sì.
Umberto Marsilio