
L’onorevole Giancarlo Galan, 58 anni, ex governatore del Veneto e attuale presidente della commissione Cultura, intende tornare a Roma, pronto a riprendersi il suo posto in Parlamento. In questi mesi Galan ha continuato a ricoprire la propria carica istituzionale, nonostante essa sia stata concretamente esercita dalle vicepresidenti Ilaria Capua e Flavia Piccoli Nardelli per via degli arresti domiciliari di 2 anni e 10 mesi patteggiati per corruzione nell’inchiesta Mose, che il deputato forzista continua a scontare nella propria villa a Cinto Euganeo.
Il 15 luglio tuttavia scadranno i termini della carcerazione preventiva e il parlamentare forzista potrà lasciare gli arresti domiciliari sulla base del ricorso che i legali di Galan hanno presentato contro il patteggiamento da essi stessi richiesto e che nel frattempo ha comportato l’arresto del pagamento della sanzione. Tuttavia a settembre la Cassazione si esprimerà sul ricorso e se la pena verrà confermata, il deputato forzista dovrà versare 2,6 milioni di euro. In ogni caso dunque, dopo il 15 luglio e prima della sentenza della Cassazione e del voto sulla decadenza, Galan potrà tornare in quel parlamento da lui aspramente criticato per avergli impedito di difendersi, e presiedere i lavori della commissione a cui è preposto.
L’intenzione dell’ex governatore è seria e la legge lo consente, poiché anche la Costituzione effettivamente non prevede la possibilità di rimuovere un parlamentare dalla sua carica per tutelare la libertà di mandato. Inoltre Galan è convinto di aver garantito un vantaggio allo Stato e ai contribuenti, poiché ha recentemente affermato che la sua attuale condizione gli impedisce di percepire sia la diaria sia l’indennità supplementare. Insomma, come se ciò bastasse a pareggiare una perdita infinitamente più grande generata dallo scandalo Mose che, secondo gli inquirenti, lo vede coinvolto.