Bruxelles, l’orrore di ieri e quello che serve oggi

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(Foto: www.corriere.it)

Immaginate un giorno qualsiasi. Immaginate di trovarvi in aeroporto, prima di partire per una vacanza, per un viaggio di lavoro o per riabbracciare i vostri genitori e amici dopo un lungo soggiorno all’estero. Immaginate di essere in metropolitana assieme a tante altre persone. Assorti nei vostri pensieri, preoccupati per qualcosa, in ansia per un esame o in viaggio verso l’ufficio. Normale routine quotidiana. Ma ecco, all’improvviso, un boato terrificante. Per un attimo il tempo sembra fermarsi. Subito dopo venite inghiottiti da una nuvola di polvere e macerie, senza che possiate fare niente per evitarlo. Alcuni di voi, i più fortunati, ne escono vivi. Coperti di sangue, si trascinano fuori dall’inferno. Negli occhi, dilatati dall’orrore, hanno immagini che non dimenticheranno mai. Nella testa l’eco dell’esplosione mista alla paura che li spinge a fuggire, a cercare la salvezza. Altri corpi, invece, rimangono distesi a terra. Immobili. Le carni straziate, i volti sfigurati da una fine inattesa. Ingiusta. E impossibile da accettare.

Mentre ieri seguivo la cronaca dei terribili fatti di Bruxelles, mi sono chiesto perché. Mi sono chiesto quale odio abbia una forza tale da spingere persone a farsi saltare in aria per ammazzare persone. Quale assurda prospettiva porti un essere umano a rinunciare alla propria vita per togliere vite e arrecare infinito dolore. Già, il paradiso con le famose vergini. Ma come si può credere a una simile promessa? Come si può pensare che chi genera tanto male abbia diritto a un premio? Nessun dio ammetterebbe ciò. E come può la religione, che nasce per aiutarci a rispondere alle domande più profonde, tradursi così spesso, nella storia, in strazio, distruzione, morte?

Mi sono risposto che il problema non sta nella religione in sé, ma nell’uomo. E’ l’uomo che interpreta alla lettera i testi sacri, anziché tenere conto del contesto temporale e valoriale in cui sono stati scritti e del significato, quasi sempre allegorico, che essi rivestono. E’ l’uomo che crea la fede cieca e malata, che dietro questa nasconde ragioni molto “terrene” quali sete di potere e di denaro e che di questa si serve per mandare a morire i suoi fratelli. Ed è sempre l’uomo che costruisce società inique, dove pochi hanno tutto e tanti non hanno niente. L’emarginazione partorisce mostri, dovremmo averlo imparato. Ma noi siamo esseri sciocchi. Immensamente deboli, anche se convinti di essere forti. Troppo egoisti e poco, molto poco lungimiranti.

L’altro grande interrogativo che ci si pone in questi casi è cosa fare adesso. A mio avviso le direzioni in cui muoversi sono almeno tre. Primo: il fondamentalismo è una minaccia globale e quindi richiede una soluzione condivisa a livello globale. Se ogni Paese, come è accaduto finora, continuerà a far prevalere i propri interessi, quella di Bruxelles (dopo Parigi) sarà solo una delle numerose stragi a cui assisteremo. Tutti gli Stati devono sedersi attorno a un tavolo e ragionare senza veti di comodo su una strategia che si sviluppi su scala internazionale. L’Europa si svegli e cominci a pensare e ad agire come una reale unione politica, oltre che economica. Va costruita un’intelligence comune: occorre creare un ampio database di informazioni che consenta di individuare tempestivamente movimenti e soggetti sospetti.

Secondo: bisogna varare una legislazione speciale che fornisca gli strumenti adatti per reprimere il fenomeno. Un soggetto accusato di aver preso parte ad attività terroristiche non può godere delle garanzie riservate ai normali imputati. Ciò non significa aprire una caccia indiscriminata a tutti i musulmani (la maggior parte dei quali, è utile ricordarlo, non ha niente a che fare con l’integralismo), ma tutelare gli stessi musulmani moderati da coloro che, travisando una fede religiosa, diventano un pericolo per la collettività.

Terzo: promuovere delle vere politiche di integrazione. Lasciare che le periferie si trasformino in luoghi di esclusione sociale stile banlieue parigine, in città nelle città dove non esistono né diritti né doveri, in giungle dove vige la legge del più forte e le persone sono costrette a vivere in condizioni intollerabili, è il modo migliore per alimentare il risentimento e sfornare nuovi terroristi. Se nei prossimi mesi non riusciremo a sottrarre al fondamentalismo questo fertile terreno di reclutamento, tutto sarà stato vano, perché per ogni estremista arrestato ne nasceranno altri dieci. E noi avremo perso in partenza la nostra battaglia.