Che quanto accaduto al geometra Ivano Baraldo fosse nell’aria lo si sapeva già da tempo. Su questo, almeno una volta, tutti i gruppi politici sono concordi. L’aria a Montegrotto Terme è ogni giorno più tesa, e ciò forse è inevitabile visti i poteri che ci sono in ballo. Non si tratta del solo potere politico, che in un paese tanto piccolo conta relativamente. Si tratta di poteri economici forti. Una relazione della commissione parlamentare antimafia del 1994 denunciava nel territorio termale «la presenza di complesse attività di riciclaggio, operazioni economiche sospette e ricchezze improvvise altrettanto degne di nota». Forze occulte, ma nemmeno troppo, che nel 2006 portarono ad incendiare l’auto di Antonio Voltolina, allora candidato contro Luca Claudio. A dimostrazione che a Montegrotto la violenza c’è sempre stata, e ha a che fare con forze politiche ed economiche, che sul territorio gestiscono loschi affari.
Un giro di affari che tocca anche imprenditori come Giuseppe Di Bari, il cui nome è tirato in ballo tre volte nell’ordinanza del gip Margherita Brunello sulle tangenti alle Terme. Diceva Denis Pagetta, titolare di Green Project e Giardini di Venere (che avrebbe pagato 9.500 euro di tangenti tra il 2012 e il 2014): «Ho notato che Di Bari si accompagnava spesso anche con dei soggetti meridionali con i quali intratteneva rapporti particolarmente amichevoli e confidenziali, dall’aspetto non troppo rassicurante». E continuava: «Sono seriamente preoccupato per la mia incolumità (…) in quanto Luca Claudio, Giuseppe Di Bari e marginalmente Massimo Bordin potrebbero compiere degli atti gravi e persecutori che mi potrebbero danneggiare. Si attorniano di personaggi loschi, spesso meridionali».
Tutti i diversi gruppi politici hanno espresso la loro solidarietà al geomentra. Tuttavia, a ben leggere quanto affermano nei loro comunicati, chiunque attacca chiunque. Dall’uno e dall’altro lato. L’aggressione in sé è passata in secondo piano. C’è a chi fa comodo in un senso, siccome l’aggressore è un sostenitore del proprio gruppo. C’è a chi fa comodo nell’altro senso, poiché può dipingere l’opposizione come violenta. Ben lungi da me affermare che Impegno per Montegrotto sia implicata nella faccenda. Non possono, per ovvie ragioni, controllare i propri sostenitori e dubito abbiano spedito uno di questi a punire il geometra.
Certo è che non è la prima volta che gli zaramelliani si trovano faccia a faccia con Baraldo. Solo qualche mese fa la quasi totalità del gruppo e dei sostenitori dell’ex vicesindaco lo accerchiarono in un bar, accusandolo di essere pagato dal sindaco. In altri tempi li avrebbero chiamati squadristi. C’è poi chi, perlopiù claudiani, sui social afferma: «Se l’è cercata». Una frase deplorevole, che sottintende un modo di fare omertoso. La cultura da abbattere è proprio questa. Una cultura che ha favorito il proliferare di azioni violente e di delinquenza, anche e soprattutto da parte di chi dovrebbe governare il Comune.
A farne le spese è chi si oppone, chi afferma con forza la propria opinione. È chi canta fuori dal coro. Baraldo è un monito: attenzione a voi che denunciate le nostre trame, potrebbe accadervi qualcosa. Un sentore che ebbi personalmente già dopo la pubblicazione dello scorso editoriale, quando squillò il telefono e dall’altro capo della cornetta un esponente di un gruppo politico locale tuonò: «Questa non è una minaccia», ma che lo sapeva tanto. La stessa persona che sostiene economicamente diverse realtà giovanili, col gusto di rinfacciarlo. Adesso che diverrà nonno farà bene a tenersi le mance per il nipote. Congratulazioni, dimenticavo.
Chi ogni giorno combatte, scrive, racconta, ciò che avviene in questo territorio, deve farlo muovendosi in mezzo a fitte trame di potere, di legami parentali e di inciuci di vario genere. E facendolo rischia. Ivano Baraldo è il simbolo di chi non ci sta, di chi con l’ironia sbeffeggia i veri potenti. I satiri, si sa, sono sempre stati mal visti e censurati. Talvolta persino ammazzati. L’augurio è che il geometra possa tornare presto, e che con lui tante altre voci si ergano contro chi fa dei propri interessi economici una questione di vita o di morte. L’augurio è che una moltitudine di persone affermi con durezza e ad alta voce che alle minacce, agli inciuci, e a un modo di fare mafioso non ci stanno. Nell’epoca delle maschere e dei fake, lunga vita a chi ci mette (e rimette) la faccia.