IL RACCONTO – Io ti condanno – Quinta Puntata

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ombrasMi trovo in una cella buia e fredda del comando carabinieri di via Moscova. Sono solo, ma ci sono i miei pensieri a tenermi compagnia. E sono pensieri tutt’altro che positivi. Dalle volanti arrivate di gran carriera davanti al Duomo dopo il colloquio con padre Alberto, sono scesi il maresciallo Antonacci e i suoi uomini. Si sono mossi verso di me con lo sguardo freddo di chi sta per compiere un’azione che non solo non crea dispiacere, ma dà anche soddisfazione.

– Jordan Raggi, deve venire con noi

– Perché, se posso saperlo?

– Dobbiamo farle alcune domande in merito ai recenti omicidi

Senza dilungarmi ulteriormente in richieste di spiegazioni che sarebbero state inutili, li ho seguiti. Al comando mi hanno interrogato per due ore. Alla fine mi hanno detto che dovevo procurarmi un buon avvocato e che ero in stato di fermo. Ora passerò la notte qui, come un criminale qualunque. Anzi no, come un pericoloso assassino da sorvegliare attentamente. Perché, secondo gli inquirenti, “Il Giudice” sono io.

Questa storia sta assumendo contorni sempre più inquietanti. Ci sono capitato dentro per caso, e mi ritrovo ad essere il sospettato numero uno da dare in pasto all’opinione pubblica, affamata di colpevoli e di certezze che le consentano di dormire sonni tranquilli. Immagino già i titoli dei giornali di domani: “Ecco il mostro di Milano”, “Arrestato il killer, è un giornalista del Corriere”, “Scandalo al Corriere della Sera: “Il Giudice” è un giornalista” e altre perle di saggezza di questo genere. Non tenteranno di distruggere soltanto me, ma anche la testata per cui lavoro. Il Corriere perderà migliaia di lettori, io perderò il posto e molto altro. Le mie motivazioni, la passione, il sogno di una vita che per qualche tempo era incredibilmente diventato realtà. Le autorità mi condanneranno pubblicamente, e non mancheranno di presentare il mio arresto come il frutto di una brillante indagine che conferma quanto lo Stato abbia a cuore la sicurezza dei suoi cittadini. Paradossalmente la sola speranza per me è che accada ciò che non vorrei mai accadesse: che il vero killer colpisca di nuovo. Se non dovesse succedere, molto probabilmente io passerò il resto della mia esistenza in carcere a scontare colpe che non ho mai commesso.

La porta della cella si apre. Ho una visita, mi dicono. Mi hanno fermato quattro ore fa, non si è ancora fatto vedere nessuno. E’ incredibile come tutti si tengano prudentemente lontani da te appena il mondo comincia a considerarti il male assoluto. Anche se non lo sei. Soprattutto se non lo sei, mi viene da pensare. Perché la nostra è una società che accetta quello che le viene propinato senza farsi troppe domande. E’ più comodo accontentarsi delle impressioni. Fermarsi alla superficie. Quasi nessuno sceglie di andare oltre l’apparenza e inseguire la verità. E’ un’operazione che richiede tempo e comporta dei rischi. Prezioso il primo, inutili i secondi. Almeno così si dice.

– Come stai, Jordan?

Immerso nei miei pensieri, quasi non ho fatto caso alla persona che è entrata e si è seduta davanti a me. E’ Jennifer Graziani, una mia collega del Corriere. Alta, capelli neri e lunghi, abiti scuri, attillati, che danno risalto a un fisico robusto e al tempo stesso molto femminile. Lo sguardo è duro e freddo. L’ho sempre considerata una cinica arrivista, una di quelle persone che per raggiungere i propri obiettivi sono disposte a fare qualsiasi cosa. Fino ad oggi ci avrò scambiato sì e no quattro parole. Cosa ci fa qui? Perché è venuta a trovarmi?

Immagino non debba essere facile per te…

– No, non lo è, in effetti

– Mi dispiace, credimi. Ti serve qualcosa?

Tante, troppe sono le cose che mi servirebbero. La mia libertà, per esempio. La fiducia di qualcuno. Una persona alla quale importi davvero di me. Un’emozione capace di scaldarmi il cuore. Tutto ciò che mi è sempre mancato e che continua, ora più che mai, a mancarmi.

– No, grazie, non mi serve niente

– Jordan, devi aiutarmi. Il direttore ha scelto me per scrivere del killer al tuo posto e…devi darmi qualche informazione

Sorrido amaramente. Ecco spiegato il motivo dell’unica visita che ho ricevuto.

– E perché dovrei, Jennifer? Il colpevole sono io, no? Il caso è risolto, fine. Non ti resta che unirti al resto della stampa e scagliarti indignata contro di me

– Jordan, io ho bisogno di sapere quello che hai scoperto tu

– Perché?

– Perché voglio arrivare alla verità!

La guardo. Nei suoi occhi c’è una luce strana che non riesco a decifrare. Sono sempre stato un insicuro, quando devo decidere qualcosa non so mai farlo autonomamente. Ma quello che vivo mi sta cambiando profondamente. E così, quasi senza accorgermi, mi trovo a fare la mia scelta. Senza dubbi, senza ripensamenti. Le racconto ogni cosa, tutti gli indizi che ho messo assieme nelle mie notti di fumo, appunti e caffè. Ad alcuni sono stato capace di dare un senso, ad altri no. Pazienza, ora non posso più farci niente. Toccherà a Jennifer occuparsene. Mi auguro che avrà più fortuna di me e che non faccia anche lei la mia stessa fine.

Ti ringrazio Jordan, ho apprezzato molto. Immagino quanto sia difficile per te. Ti prometto che farò il possibile per tirarti fuori di qui

Mi guarda un’ultima volta negli occhi, e mentre uno strano brivido mi corre lungo la schiena. Non so cosa sia. Jennifer si volta ed esce dalla cella. Rimango solo. Mi stendo sulla branda, chiudo gli occhi e mi preparo alla mia prima notte di prigione.

Fuori piove a dirotto e tira un forte vento. In notti come queste non riesco mai a dormire, perché i ricordi affiorano nella mia mente e non mi danno tregua. Dicono che tutto passa, basta solo aspettare. E’ una bugia. Ci sono cose che non si possono cancellare. Restano conficcate nella tua carne e nella tua anima come i frammenti di un proiettile che nessun bisturi sarà mai in grado di estrarre. E’ buio, la corrente è saltata. Riesco a vedere ombre, solo ombre. Come quelle che si distendono dentro di me. Cammino per la casa come un fantasma. C’è un’atmosfera strana, sembra che stia per succedere qualcosa di grande, di terribile. Ma cosa?

Eccola lì la mia prossima vittima, mi sta guardando eppure ancora non riesce a vedermi. Non riesce a scorgere la morte nemmeno mentre la sta sfiorando. Non importa, una nuova condanna è stata emessa e tra qualche istante la sentenza sarà eseguita, perché l’ho deciso io. L’assassino.

 

CONTINUA…