Ultimamente non è strano, vedendo i telegiornali, sentir parlare di omicidi passionali: a Cadoneghe un poliziotto ha ucciso la moglie e poi si è sparato, a Corigliano Calabro una sedicenne è stata bruciata viva dal fidanzato geloso. Sporadicamente si verificano episodi di donne sfregiate con l’acido, ultimo caso proprio a Vicenza pochi giorni fa.
La domanda quindi sorge spontanea: che cosa sta succedendo? La risposta, ahimè, non è altrettanto semplice: non si sa, non si può sapere. Ti addormenti una notte di fianco all’uomo che ami e la mattina seguente non vedi più il sole sorgere, sei un’adolescente che decide di interrompere la relazione con il primo fidanzatino e paghi questa scelta con la tua vita.
Dov’è finito quindi il rispetto per la vita? E dove è finito il rispetto degli altri? Viviamo in un mondo in cui ogni cosa perde progressivamente valore, ma almeno la vita, a quella il valore non dovrebbe mai venir meno.
Si arriva ad uccidere per semplici litigate, per risolvere in modo spiccio una questione di conti, piuttosto che vedere la propria donna con un altro si preferisce non vederla proprio più. Si è persa la ragione e con essa si è spenta la motivazione che ogni mattina ci fa alzare dal letto convinti di poter essere degli esseri umani migliori. Si mette al proprio posto se stessi e il proprio dolore, poiché ormai risulta più facile colpire a morte una persona piuttosto che soffrire subendo l’interruzione del cammino con questa.
Nei vari giornali si legge che il tal de’ tali ha ucciso in quel determinato modo, e allora perché non farlo anche noi? Così la questione si risolve in modo spiccio. Tu mi elimini –in modo figurato- dalla tua vita, quindi io ti elimino fisicamente dalla mia.
Ed ecco che, in questo turbinio di orride notizie che fanno accapponare la pelle, si alza sempre il coro che inneggia a colpe risalenti alla vittima: “Di sicuro se l’ha uccisa vuol dire che non era propriamente uno stinco di santa”. Ah, quindi le storie non possono più finire, altrimenti si mette a repentaglio la propria vita?
Io, cittadina del mondo aventi gli stessi diritti di un cittadino maschio, non posso permettermi di vivere la mia vita nel modo a me più consono, perché posso rischiare di essere accoltellata da un pazzo che mi desidera tutta solo per sé?
Davvero nel 2013 – anzi, soprattutto nel 2013 – si vive con la paura di essere perseguitate o uccise? Davvero l’amore, il sentimento più puro che nobilita il cuore dell’essere umano, può sfociare in desiderio di morte?
Purtroppo sì, e purtroppo non si forniscono rimedi a questa situazione. Nulla ha più senso, si è arrivati ad esistere anziché vivere.
Eppure basterebbe seguire una cruda e semplice regola, che da sola forse sarebbe sufficiente a ristabilire un minimo di ordine in una società che si è trasformata in un insieme di individui, non più di persone: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
Preciso che questo non vuole essere un classico articolo femminista, so benissimo che vengono uccisi uomini per i casi più disparati. E’ un semplice parere personale che nasce da una riflessione riguardante i fatti degli ultimi giorni.
Ilenia Sanna