EDITORIALE – Non abbiam bisogno di parole

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downloadUna delle armi più potenti che noi tutti possediamo e che, a mio avviso, troppo spesso svalutiamo, è l’uso del dialogo.

Il confronto verbale tra due o più persone, atto ad esprimere opinioni che possono essere a loro volta convergenti o divergenti, spesso viene negato da una delle due parti, oppure si trasforma pian piano in una sorta di monologo senza via d’uscita.

Assumendomi personalmente la responsabilità per quello che scriverò a breve, voglio riportare l’episodio che mi ha portato a trattare di questo tema nell’editoriale.

Giorni addietro mi si è presentata un’occasione da non perdere: per le vie del centro sono riuscita a fermare una figura molto famosa nella nostra Este – e altrove – e, con un po’ di gentilezza, a farmi promettere un’intervista a breve. L’unico atto burocratico sarebbe stato mettersi in contatto telefonico per fissare il luogo e l’ora esatta dell’incontro ma, nonostante questa persona sia molto impegnata e sia, a detta sua,  sovente ricercata da molti giovani per vari incontri, sarebbe stata una sciocchezzuola da poco. Risultato? Cinque giorni che chiamo, a diversi orari della giornata, e l’unico suono che sento provenire dall’altro capo del telefono è un meccanico “tutu tutu”. Beh, piacevole! Piacevole soprattutto perché alcune volte Estensione viene accusato di pendere troppo da una parte e zero dall’altra, oppure perché le nostre notizie possono risultare non degne di testate giornalistiche come quelle locali, ma in fondo noi siamo solo dei poveri giovani. Sì, non c’è dubbio, sono altamente polemica.

Qui mi ricollego finalmente al punto di partenza: saremo pur giovani universitari e non, forse un po’ ancora inesperti ed acerbi nel guardare fiduciosi il mondo che ci circonda, ma perché negare così brutalmente un dialogo che sarebbe potuto risultare costruttivo, oltre che per noi, per tutta la cittadinanza?

Perché non dare modo di esprimersi, anche se i pareri si fossero dimostrati contrastanti in alcuni punti?

Questa forma di espressione sopra citata è un fenomeno tipico di una società e di una cultura cittadina, ma esaminando un po’ anche noi stessi, quanto i nostri discorsi si possono definire dialoghi e quanto delle conversazioni in cui ognuno persegue il proprio punto di arrivo, non preoccupandosi delle interazioni altrui?

Ampliando un po’ il raggio di vedute ed eliminando la nota polemica, nelle solite conversazioni formali è tipica la domanda “Come stai?” alla quale segue quasi sempre un “Tutto bene, tu?”. Ma davvero tutti stanno bene, davvero noi siamo portati a prestare attenzione alla futura risposta, oppure abbiamo già in testa lo stereotipo della chiacchierata, e quella dev’essere?

Aprendo un piccolo specchietto nel mondo della politica, perché questa non si confronta direttamente con i cittadini? Perché si limita ad esporre i propri piani, ad offrire monologhi di ore ed ore, ma non concede nemmeno dei piccoli spazi alla povera gente che da anni ascolta questi discorsi triti e ritriti?

Nella nostra piccola realtà di tutti i giorni, penso che molti atti compiuti da adolescenti o giovani spesso ritenuti incoscienti sarebbero, forse – certo non possiedo la verità in tasca -, potuti essere evitati se solo questi fossero stati ascoltati, non per finta, da amici, da organi come la scuola, dai genitori stessi che a volte fingono di non recepire quello che noi figli raccontiamo piuttosto che dialogare con noi e trovare una soluzione insieme.

Come afferma Norberto Bobbio, “La prima condizione perché il dialogo sia possibile è il rispetto reciproco, che implica il dovere di comprendere lealmente ciò che l’altro dice.” Comprendere, quindi ascoltare, e parlare, non insultarsi o sovrastare con tono di voce in modo da prevalere sull’altro interlocutore.

In conclusione, questo editoriale non vuole portare una tesi o presentare una verità indiscussa, ma solamente offrire uno spunto di riflessione. Magari, se non costa troppa fatica, da domani iniziamo ad arricchire noi stessi anche con opinioni diverse dalle nostre, prestiamo attenzione a chi ci è vicino e portiamogli rispetto. Una nazione libera è una nazione che può dialogare, e noi tutti ne facciamo parte.

E tu, come stai?

Ilenia Sanna