“Il vescovo di Nola definì il sud Italia la discarica abusiva dell’Italia ricca e industrializzata. Una catena montuosa enorme che, come fosse stata fatta esplodere, si è dispersa per la parte maggiore nel sud Italia, nelle prime quattro regioni con il più alto numero di reati ambientali.Nessun’altra terra del mondo occidentale ha avuto un carico maggiore di rifiuti, tossici e non tossici,sversati illegalmente. Le campagne del napoletano e del casertano sono mappamondi della monnezza, cartine al tornasole della produzione industriale italiana.”
Questa è la “Terra dei Fuochi” denunciata per la prima volta da Roberto Saviano nell’ultimo capitolo di Gomorra .
Una definizione che porta a galla anni e anni di realtà nascoste, di silenzi, innocenti e colpevoli, di sofferenze e di morte, delle quali si parla troppo spesso con superficialità e distacco.
Da qui parte Antonio Marfella, Tossicologo e Oncologo presso l’Istituto tumori “Pascale” di Napoli, da anni in prima linea con don Patricello in difesa della salute in Campania, ospite Giovedì 27 Marzo ad una conferenza organizzata a Monselice dalla “Scuola di Giustizia Pace Integrità del Creato” dell’ordine dei Frati minori, per parlare della “Nostra Terra”, una terra oltraggiata dagli affari sporchi di organizzazioni criminali, dallo Stato che troppo spesso non tutela i propri cittadini, ma anche dalla mancanza di sensibilità da parte degli stessi, nel rendersi consapevoli e partecipi di un progresso veloce che va controllato e misurato.
E’ il gigantesco meccanismo dell’economia, a tutti i livelli, la matrice fondamentale della drammatica situazione nella quale grava uno dei territori più belli del nostro Paese; dietro ad ogni processo di scambio, di produzione, di vendita, ci sono centinaia di tonnellate di rifiuti, che l’essere umano non ha ancora imparato a “metabolizzare”. 138 milioni di tonnellate di rifiuti industriali l’anno, ai quali vanno sommati tutti quelli “non dichiarati”che, in un’economia che registra il 30 % di evasione fiscale, superano le 100 mila tonnellate al giorno. Rifiuti invisibili, non tracciabili, che possono dunque esser smaltiti con maggior facilità e con minor onere dagli stessi imprenditori.
Proprio a riguardo tuona Marfella, ribadendo come l’attenzione e la sensibilizzazione che, soprattutto al Nord, si prestano al tema dei rifiuti, riguardano solo quelli di carattere urbano, un settimo della produzione totale nazionale.
Non si può dunque continuare a porsi il problema quando, in una già complicata situazione economica, ci si trova a far fronte a quantità inimmaginabili di tossici e di sostanze artificiali per le quali sono ancora in fase di sviluppo la tecnologie relative allo smaltimento (come nel caso dell’amianto).
Ed è un problema che quindi non può continuare ad esser letto limitatamente ai confini regionali che interessano il fenomeno degli smaltimenti abusivi, ma che deve coinvolgere in primis la cultura delle zone più industrializzate del Paese, d’Europa e dell’intero pianeta, verso una gestione di prevenzione anzitutto. “Pensare globale per agire locale” è il messaggio rivolto al numeroso pubblico presente.
Ma la finalità della serata, come sottolineano i promotori, non è limitata all’informare la gente su quanto sta accadendo in Campania; la Terra dei Fuochi è una responsabilità, in parte, di tutti; ma è anche sotto gli occhi di tutti, anche tra gli ambienti della nostra quotidianità locale; dall’ex discariche mai bonificate (come quella nell’attuale cava della Rocca), ai terreni contaminati da vecchi e nuovi impianti di vario genere, ai semplici atti d’inciviltà di cittadini che si liberano dei rifiuti scomodi lungo le strade isolate, eventi rispetto ai quali tutti dovrebbero essere più attenti e sensibili. Occorre quindi fare un grande sforzo culturale accorgendosi della grande Bellezza che ci circonda, un patrimonio che può e deve necessariamente godere della massima attenzione e rispetto, in barba di chi pensa di “fare i soldi” distruggendolo.
In conclusione l’appello del dott. Marfella stanco ed emozionato: “Non possiamo assolutamente lasciare alle nuove generazioni un Paese nel quale oltre a non esser garantito il lavoro, non è garantita la salute”.
Luca Bernardini