![[Fonte: www.hypable.com]](https://estensione.org/wp-content/uploads/2016/04/Time-Travelers-Wife-Book.jpg)
«Vivono e amano al tempo presente».
“La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” (in lingua originale: “The Time Traveler’s Wife”) è stato pubblicato nel settembre 2013 negli Stati Uniti, e sempre nel 2013 è stato proclamato come libro dell’anno da Amazon.com. Il romanzo di Audrey Niffenegger, nel corso degli anni, ha collezionato varie recensioni entusiastiche e ha ottenuto il nono posto nella classifica dei bestseller stilata dal New York Times. L’adattamento cinematografico, “Un amore all’improvviso”, è stato scritto da Bruce Joel Rubin e diretto da Robert Schwentke, ed è uscito nelle sale il 14 agosto 2009.
Come dice il titolo, questo romanzo parla di un viaggiatore nel tempo, Henry DeTumble, e di sua moglie Clare Abshire. La capacità di Henry di viaggiare nel tempo è dovuta a un fattore genetico, che, senza preavviso, lo materializza nel passato o nel futuro, completamente nudo, senza alcuna idea riguardo allo spazio e al tempo in cui si ritrova. Di conseguenza, la loro è una storia d’amore alquanto insolita; la prima volta che Clare conosce Henry, infatti, lei ha solamente 6 anni, mentre lui è un 36enne. Tuttavia, Henry verrà a conoscenza di Clare solamente all’età di 28 anni. La narrazione è realizzata tramite una costruzione non esattamente semplice: passato, presente e futuro sono concatenati l’uno con l’altro; è come se l’autrice avesse voluto trascrivere l’intero alfabeto e fosse partita dalla lettera L, per farvi poi seguire la O, e tutte le altre, in un ordine imprevedibile ma minuziosamente preciso e calcolato.
Le premonizioni sono le vere protagoniste del libro: il sapere qualcosa che deve ancora accadere o che è già accaduto, ma che non possiamo totalmente comprendere finché queste esperienze non diventano “il presente” sia di Clare che di Henry, legati da una di quelle storie d’amore da favola, di quelle che nella vita reale possiamo meramente immaginare e neanche lontanamente eguagliare. E tuttavia risulta impossibile non immedesimarsi con Clare, e divenire quindi partecipi del dramma che vive quotidianamente dal giorno del suo sesto compleanno. L’attesa, il senso di mancanza, l’ansia e la preoccupazione costanti, ma soprattutto la felicità nel ritrovarsi durante archi di tempo mai abbastanza lunghi, marcati dal dolore della consapevolezza di un ulteriore separazione. Allo stesso modo, non è possibile non affezionarsi alla brillante Alba, per quanto modesto sia il suo ruolo nel romanzo.
Ho amato le complicazioni, gli intrighi, e il messaggio che ho colto dall’intera storia: l’accettazione del passato, che una volta scritto, non può essere modificato, e la conseguente importanza che viene attribuita al presente, l’unico momento in cui abbiamo il libero arbitrio in toto. E il futuro? Il futuro è la dimensione temporale più pericolosa e sfuocata in assoluto, concepibile in qualche modo con una buona dose di fantasia, ma sempre e comunque incerto. Nella nota che la Niffenegger ha scritto in occasione del decimo anniversario del romanzo, si spiega come il viaggio nel tempo possa essere definito una metafora per la memoria: siamo tutti viaggiatori nel tempo grazie alla nostra mente; ci ritroviamo scagliati in giorni più o meno lontani da quel presente, creato e ombreggiato dal passato, in cui viviamo beatamente ignari di ciò che ci aspetta. Beatamente. È questa, la chiave che concretizza la storia e la adatta alle nostre vite.
C’è così tanto da apprezzare in questo libro, un qualcosa di così reale, crudo e potente sulla sofferenza e il lutto che esso dipinge. Alcuni hanno criticato gli eccessivi dettagli con cui viene scritta la quotidianità, ma personalmente trovo che questi contribuiscano ad innalzare il livello di coinvolgimento del lettore.
Audrey Niffenegger stessa ci dice a chi è dedicato questo libro; se sei lontano dal tuo amante e dalla tua famiglia, se hai perso qualcuno, se ti senti dislocato nella tua propria esistenza: queste storie sono per te.
«Ma perché essere davvero qui è così tanto; perché ogni cosa qui, apparentemente, ha bisogno di noi, questo effimero mondo, che in qualche bizzarra maniera non cessa il suo richiamo verso di noi. Noi, i più effimeri di tutto».