“Deve aver sentito che aveva perso il vecchio caldo mondo e pagato un prezzo troppo alto per aver vissuto troppo a lungo con un unico sogno.”
Il famoso, stimato, celebrato e sempre troppo citato Grande Gatsby. Ma chi è Gatsby?
Quando ho deciso di leggere questo libro l’ho fatto perché è un classico, perché “va letto”, ma non mi è piaciuto. L’ho preso in mano mille volte, l’ho sottolineato, l’ho sfogliato, l’ho lasciato e l’ho ripreso. E l’ho apprezzato tantissimo solo quando ho capito che dovevo cambiare il mio punto di vista.
James Gatz, o meglio Jay Gatsby, come si fa chiamare da tutti, è un ragazzo misterioso e affascinante trasferitosi inaspettatamente nella baia di West Egg, nei pressi di New York. Ricco e stravagante, ama circondarsi di persone e dare feste e balli sfrenati quasi ogni sera. Nessuno lo conosce ma tutti frequentano la sua villa, attribuendogli le identità più disparate. Solo una persona riuscirà a conoscere il vero Gatsby, il suo ombroso passato e il suo unico grande desiderio, mascherato dietro la frenesia e la frivolezza degli anni ruggenti americani.
Nella figura di Gatsby si condensa una vita intera, trascorsa nel tentativo di rivivere il passato e di ritrovare se stesso negli occhi di una ragazza ormai corrotta dalla mondanità.
Di fronte a questa storia la mia prima reazione è stata di tristezza assoluta, ho percepito un vuoto che mi ha fatto etichettare il libro come “insignificante”. Ma, pensandoci, le cose insignificanti non ci fanno stare male, non ci fanno riflettere, ci passano sopra e si lasciano dimenticare in fretta. Gatsby invece mi ha fatta arrabbiare, perché lui non vive, ma tenta di sopravvivere nascondendosi; in una parola he gets-by.
E allora ho capito che questo breve libro di sole 120 pagine mi ha lasciato tantissimo, pur togliendomi ogni speranza, ogni illusione. E anche io ora mi ritrovo fra le fila di coloro che sostengono che “vada assolutamente letto”, ma non perché sia un bel libro, una storia romantica o abbia una trama avvincente. Va letto per guardare in faccia la disillusione con gli occhi ignari e innocenti di un sognatore come Gatsby. Va letto per imparare a capire che non si può vivere nei ricordi, che la vita e le persone deludono e i sogni sono importanti solo se non ci portano troppo lontano dalla realtà.
La storia di Gatsby non è una storia di speranza, è l’emblema di un’illusione fuori dal tempo, è il ritratto della frivolezza dei ruggenti anni ’20 che non lasciano altro se non bicchieri da lavare, mal di testa post-sbornia e tanta tantissima solitudine.
Va letto, se non altro, per la scrittura magistrale di Fitzgerald che con poche delicate parole sa far immaginare gli anni ruggenti proprio come in realtà erano.
Va letto, infine, per poter davvero capire il film.
Per capire davvero Gatsby credo dunque si debba entrare nel suo mondo sfavillante e poi riuscire ad uscirne per guardarlo dall’alto; il mio consiglio quindi è di lasciarsi andare senza pregiudizi; come dice il narratore stesso:
“Tutte le volte che ti viene da criticare qualcuno ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu”.
Laura Abram per Estensione