RACCONTO DEL MESE – Il signor A.

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Foto: blues4passion.com
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Signor A.: “Dottore mi aiuti sono molto malato… malato di cannibalismo!
Ogni giorno la voglia di mangiarmi le mani diventa sempre più insopportabile. Bramo di rosicchiarmi le dita e scorticarne la pelle fino a sentire i denti cozzare sulla nuda falange.”

Dottore: “Mio Dio che schifezza! Signor A, lei non è malato! Lei è uno squilibrato!”

Signor A.: “Ma no la prego mi aiuti! Sono anni che va avanti e peggiora di giorno in giorno! Iniziò tutto da una parola non detta alla donna che amavo. Fu quel codardo silenzio il batterio che infettò la mia mente. Da allora ogni ripensamento, ogni occasione persa, ogni minuto sprecato accresce la mia malattia e così, nel giro di poco, quello che prima era solo un leggero prurito, degenerò velocemente in un’incessante ossessione. La cosa è molto più grave di quello che sembra: non si tratta di un male fisico, ma è la mia stessa anima ad essersi ammalata. Vede dottore, l’uomo è un individuo pensante: i suoi pensieri sono la spontanea reazione alle impressioni suscitate dall’ambiente circostante e tali impressioni si concretizzano in opinioni, avversioni e propositi. I propositi che chiunque si fa quotidianamente nascono pertanto come l’inconscio frutto delle sensazioni dell’anima. Spetta poi alla ragione e alla sensibilità di ciascuno valutare l’applicabilità o meno di tali inconsce pulsioni all’agire. Per esempio, quando si vede una bella ragazza, il proprio inconscio inizia un viaggio infinito che solo la ragione, o la mancanza di coraggio, sanno spezzare. Solo allora l’animo si placa e la razionalità scaccia la fantasia. Ebbene, la mia malattia ha causato la frattura di questo rapporto di forza tra ragione e sentimento. Ogni parola non detta, ogni proposito non soddisfatto desta il mio cannibalismo. Improvvisamente, ad ogni occasione persa, tutto perde di significato e io vorrei solo mangiarmi le mani.”

Dottore: “Capisco la sua situazione, e mi scuso per averle dato dello squilibrato. Mi spiace informarla che alla sua situazione non conosco alcuna soluzione clinica. Da quanto mi dice la presunta causa scatenate fu quella fatidica parola non detta alla sua amata. Ha provato a parlarle da allora?”

Signor A.: “Certamente, ma nulla è cambiato. Vede caro dottore, i poeti mentono sul fatto che l’amore sia impassibile al tempo. Il tempismo in amore, come in ogni cosa, è l’unico ingrediente che conta! Quando venne il mio momento, io non seppi cogliere quell’attimo fatale. Così ora lei è felice, innamorata di un uomo con un orologio migliore del mio.”

Dottore: “Capisco… tuttavia ritengo che il motivo del suo disagio stia nel fatto che lei, Signor A., non ha ancora capito la sua fortuna.”

Signor A.: “Fortuna?! Dottore ma ha ascoltato quanto le ho appena detto?”

Dottore: “Signor A. a mio parere non si tratta di malattia ma di benedizione! Gli è stata donata l’occasione di vivere senza limitazione alcuna. Lei è pura essenza signor A.!”

Signor A.: “Pura essenza?!”

Dottore: “Eh sì signore! L’uomo è insoddisfatto perché si sente continuamente ingannato; dà la colpa all’amore, al destino, a Dio, alla politica, all’ingiustizia e così fino all’infinito. Ma la causa prima non è altro che se stesso. L’evoluzionismo ci insegna che l’uomo si è distinto dagli animali quando ha imparato a reprimere il proprio istinto costituendosi come essere raziocinante. Oggi si è evoluto tanto da poter sacrificare le pulsioni dell’anima sotto il pesante fardello del raziocinio. Ma così facendo inganna la propria essenza, la propria natura fondamentale, la propria causa ontologica. Lei signor A. rappresenta l’evoluzione della specie homo sapiens sapiens, in lei la razionalità ha ceduto il passo alla pura potenzialità. Come l’animale che se non segue il proprio istinto muore e come l’uomo razionale che se sbaglia si sente oppresso dal senso di colpa, lei, se non rispetta i desideri dell’anima, impazzisce. A quanto pare il disegno del mondo ha in serbo per l’uomo una svolta epocale: passare da raziocini oppressori a sensibilità agenti. Signor A., lei non solo rappresenta il progresso, ma anche la migliore delle speranze”.

Matteo Targa