Pasolini quarant’anni dopo: chi era l’intellettuale che divise l’Italia

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(fonte : http://www.futuroquotidiano.com/)
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Quando penso a Pasolini non riesco a non immaginarlo attraverso le parole di Fabrizio De André:

Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino,
non avevano leggi per punire un blasfemo,
non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi cercarono l’anima a forza di botte.”

2 novembre 2015, quarant’anni dalla morte di un regista, uno scrittore, un poeta, un giornalista, un pittore e, infine, un uomo. Probabilmente uno degli artisti e intellettuali più importanti che l’Italia abbia mai avuto. Di sé ha lasciato in eredità tantissime tracce, ma sembrano comunque troppo poche.

Il tempo passa e il ricordo sbiadisce, le nuove generazioni magari nemmeno conoscono Pasolini, si tratta di un tempo lontano d’altronde, per alcuni un tempo fin troppo precedente alla propria nascita.

Ma l’arte, evanescente e perpetua al tempo stesso, spedisce alcuni nell’oblio e rende altri immortali. Pasolini rientra tra questi ultimi. Un contestatore, un martire, un rivoluzionario. Ammirando ogni forma artistica di Pasolini ci si accorge che non è mai vecchio, non appassisce mai, bensì è sempre nuovo. Sempre attuale. E se dopo tutti questi anni ci troviamo a discutere de “Gli scritti corsari” o di “Salò e le 120 giornate di Sodoma”, se dopo tutti questi anni una persona riesce a smuovere ancora le cose in tal modo, significa che qualcosa di grande è stato fatto.

Personaggi simili non esistono più, personaggi che ricercano la verità delle cose ad ogni costo, e che attraverso le proprie arti cercano di portare la gente a conoscere e a capire. Pasolini si autodefinì come scandaloso, un cordone ombelicale tra il sacro ed il profano.

Ora lo scandalo viene perpetuato solamente a scopi commerciali, vi era un tempo in cui Pierpaolo Pasolini adoperava lo scandalo come mezzo conoscitivo. Il tempo in cui cercava di stupire e scandalizzare per insegnare qualcosa. Era un blasfemo, e per questo gli cercarono l’anima a forza di botte.