MUSICA – The Cyborgs. Un Ritorno al passato

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Immaginatevi Robert Johnson seduto nella sua scombussolata sedia in legno che vi racconta a suon d’accordi le avventure in quei famosi campi di cotone, immaginatevi quel texano di Stevie Ray Voughan pronto a scatenare la sua chitarra blues nel pubblico, con il passare del tempo il blues cambia faccia, ma non la sostanza.

E ora, nel 2013, in che sembianze viene ritratto il blues? Vivendo in un mondo dove l’elettronica spopola e l’immagine è tutto, quei valori del buon sano blues, di lotta sociale e solidarietà, vengono meno. Chi può incarnare la riapparizione di questa musica ? La soluzione a tutte le nostre domande arriva dal futuro, parlano in codice binario e si fanno chiamare cyborg 1 e cyborg 0. I The Cyborgs arrivano dal 2110 nel tentativo di cambiare le sorti del nostro futuro e cercando di mantenere in vita l’essenza del Blues, destinato nel loro presente a scomparire.
Tutti vestiti di nero, coperti da una maschera da saldatore, con identità fittizie, i Cyborgs, parte uomini e parte macchine, a suon di pentatoniche, shuffle (tipico del blues) e fingerpicking, riescono a (ri)dare vitalità a un genere che negli ultimi anni è stato “dimenticato”.

Cyborg 0 suona una chitarra agguerrita e appassionante cantando tramite un microfono installato all’interno di questa maschera, per “difendersi” da contaminazioni, eventuali attacchi e come dicono loro per non dare troppa importanza alla faccia ma concentrarsi unicamente sulla musica (concetto discutibile), Cyborg 1, mescola le proprie capacità musicali, occupandosi della parte ritmica e intrecciando in contemporanea le trame di basso su tastiera.
Probabilmente a prima vista vi chiederete se non state incrociando il cattivo di Star Wars, Darth Vader, ma tranquillizzatevi i due cyborg del futuro non incutono terrore. Con la chitarra in mano e la batteria che scandisce il ritmo, l’unica paura che potete avere alla loro visione è che finisca troppo presto lo show.

Al loro ascolto sembra di tornare indietro di 60 anni, ai tempi di Muddy Waters, Tom Waits, Buddy Guy, Miles Davis , un suono classico, però accompagnato con uno spirito Electro Boogie accattivante e coinvolgente.
Il fatto è questo, i Cyborgs giocano bene le proprie carte portando il Blues alle masse, a milioni di giovani, che probabilmente non si sarebbero mai avvicinati a questo genere. Distolgono quel concetto elitario, che appartiene al Blues ormai da troppi anni, per offrirlo a una società legata ai preconcetti. Riportano luce a uno stile che è alla radice di molta musica attuale e che può donare inoltre idee interessanti. Come in un’intervista per il blog Wired, dove veniva chiesto perchè la scelta del genere blues? Il duo rispose “E’ il linguaggio che più ci appartiene, e stiamo provando a renderlo accessibile. E’ un genere che piace ma non lo si sente molto in giro. Nel Blues bastano quattro parole per fare arrivare concetti anche molto profondi, che a volte non arrivano neanche con un libro”. Insomma una sana aspirina di Blues per guarire o comunque per sfuggire da un futuro malinconico, pensante e buio.

L’obbiettivo quindi dei The Cyborgs è quello di non far accadere quello che hanno visto nel loro lontano 2110, e da i risultati che stanno avendo nel nostro presente le aspettative sono più che positive.
Il duo nel 2011 esordisce con l’omonimo album “The Cyborgs” riscuotendo un ottimo successo da parte dalla critica e che porterà il duo romano a collaborare con rilevanti artisti mondiali come Jonny Winter, John Mayall e il Boss Bruce Springsteen.

Il sound crudo è accattivante, i riff (come in “Cyborgs Boogie”, “20th Floor”) colpiscono, il cantato raschiato ricorda la tradizionale musica Blues e gli accenni di Boogie e Rockabilly (ad esempio in “Dancy”) sono appassionanti originali e calzanti.

L’elettronica con il blues, il folk mischiato a melodie grezze e ritmate, in definitiva sperimentazione? No, questa volta si parla di giusto equilibrio, di evoluzione, di sviluppo di un genere che ha fatto la storia della musica e che sicuramente avrà ancora tanto da offrire per molti altri anni.
Con i The Cyborgs il Blues non ha più età.

Travain Marco