MUSICA – La Dispute

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Ricordo chiaramente la prima volta che ho ascoltato i La Dispute. Il brano era “Such Small Hands”, il più noto del gruppo, un minuto e trentacinque estremamente essenziale, semplice, senza orpelli. La voce di Jordan Dreyer mi ha subito colpito per la sua drammaticità e unicità. Non avevo mai sentito una cosa simile. Questa canzone è stata un pugno allo stomaco, a tal punto da farmi rimanere in apnea per tutta la sua durata. I La Dispute hanno un’incredibile capacità di trasmettere emozioni estreme, tanto che molti li definiscono troppo strazianti, ma è proprio questo il loro punto forte.

La band, proveniente dal Michigan, è attiva dal 2004 ed ha finora prodotto due album e nove EP, piuttosto differenti tra loro. Nonostante l’impronta di base sia sempre coerente, lo stile dei La Dispute assume sfumature molto diverse a seconda del disco. Certi brani per esempio vengono svolti in acustico, con Dreyer che canta, o meglio quasi parla, in pulito, altri sono invece un’esplosione di energia e fanno subito pensare ad un concerto in un locale buio e sgangherato in cui il giovane pubblico salta e grida insieme alla band a ritmi e volumi impossibili.

Etichettare i La Dispute sotto un solo genere sarebbe riduttivo. Generalmente vengono considerati come gruppo post-hardocre, ma risentono di svariate influenze, dal post-rock allo screamo, dal progressive rock all’indie. Sono una band che sperimenta, che non ha da una direzione univoca ai propri lavori.

Il primo album, “Somewhere at the Bottom of the River Between Vega and Altair”, viene prodotto nel 2008 e colloca la band nel panorama internazionale. E’ composto da tredici tracce e si apre con la già citata “Such Small Hands”. “Said The King To The River” è il brano che spiega il motivo del titolo del disco, raccontando la storia di due innamorati, una principessa e un pastore, costretti alla separazione dal re, padre di lei, che li pone sulle rive opposte di un fiume al quale comanda di straripare e che rappresenta metaforicamente gli ostacoli che ognuno può incontrare nel corso della vita.

Il secondo album risale al 2011 e prende il nome di “Wildlife”. Negli Stati Uniti ha riscosso un assoluto successo, grazie alle particolari atmosfere evocate e ai poetici testi di Dreyer, che raccontano delle brevi storie alle quali vengono inframezzati quattro monologhi non più in terza ma in prima persona. E sono proprio questi, come afferma lo stesso Dreyer, (quttro brani che iniziano per “A”, ovvero “A Departure”, “A Letter”, “A Poem” e “A Beoken Jar”) a risultare i più efficaci e personali.

Le tematiche dei pezzi sono varie: la ricerca del senso dell’esistenza, la solitudine, i problemi che si devono affrontare nella vita. Dreyer si pone dunque a metà tra un cantastorie, che racconta vicende che sarà poi l’ascoltatore a dover interpretare e un autobiografo.

Si passa da un brano come “Edit Your Hometown”, che racconta la vicenda di un gruppo di amici che una volta cresciuti si separano lasciando la città natale, eccetto il narratore, che spesso rimpiange di essere rimasto ancorato al paese d’infanzia, a “King Park” che narra di un episodio di cronaca del Michigan, in cui un ragazzo rimase ucciso da un giovane teppista che aveva sbagliato colpo e che poi si suicidò. Dreyer fa una digressione sui pensieri dell’ucciso, che non riesce ad accettare la propria morte, per la quale non trova una ragione.

La peculiarità principale dei La Dispute è l’unicità. E’ impossibile confonderli con altri.

Sono versatili e sempre essenziali. Non hanno bisogno di grandi virtuosismi e proprio grazie a questa semplicità risultano spontanei, immediati e veri. Si percepisce che la loro musica è personale, intima e viscerale.

I testi, mai banali, spaziano tra i più svariati argomenti e sono resi ancora più incisivi e drammatici dalla voce sorprendentemente comunicativa di Dreyer.

I La Dispute non sono un gruppo da ascoltare con leggerezza, per passare il tempo. Le emozioni che raccontano sono sempre forti. Rabbia, disperazione, incomprensione, solitudine, abbattimento.

O si amano o si odiano, non ci sono vie di mezzo.

Sono una di quelle band che una volta capita non si abbandona più, che sappiamo essere sempre lì quando abbiamo bisogno di loro.