A tre anni dal pluripremiato “El Camino” il duo dell’Ohio, volenteroso di portare il blues alle masse con il proprio sound accattivante a tratti chiari e riconoscibili, cambia stile per far spazio a trame sonore insolite per il loro standard, ritmi rallentati, brani che richiamano il psichedelico e un timbro anni Settanta che funge come una sorta di tributo ai giganti della musica.
Registrato principalmente al Sunset Sound di Hollywood, in California, annunciato via Twitter dall’ex pugile Mike Tyson e da una serie di video su Youtube, il 12 marzo ha fatto apparizione il nuovo gioiellino firmato Black Keys, “Turn Blue”.
“El Camino” era decisamente più rock con pezzi d’impatto, ma ora ci troviamo di fronte a tutt’altro suono, più fluido con maggiore attenzione agli arrangiamenti e alla profondità dei temi.
Il disco è stato co-prodotto con l’amico e produttore Danger Mause, il quale ha contribuito alla creazione del progetto e all’arrangiamento di vari brani, come in Year in Rewiew nata grazie all’intuizione del producer di proporre un sample di linea vocale come punto di partenza per il brano in studio.
Quando parliamo di “Turn Blue” possiamo associarlo a mille significati, ma per Dan Auerbach e Patrick Carney lo si può ricollegare principalmente alla tenacia. In mezzo al divorzio di Auerbach e ai polverosi gossip si cela la determinazione, la fiducia nella musica, la volontà di superare momenti bui, confusi e salite ripide come la fine di un amore.
L’ottava meraviglia in carriera si apre con sette minuti che ci fanno entrare in un vortice contrassegnato da suoni acustici e un’atmosfera desertica, creando un’armonia melodiosa abbagliata dagli assoli di Auerbach, il quale sembra voler dire “siamo tornati”.
I toni intrisi di dolore e i ricordi si cristallizzano nel secondo brano In time scandito dai beat di basso confezionati dal synth di Danger Mouse, su i quali si innestano perfettamente riff e batteria, per un risultato simile al singolo Turn Blue .
Fever è l’incontro perfetto tra il brano da classifica estivo e il suono infangato, affascinante e agitato delle classiche band rock. In questo lavoro troviamo un richiamo a El Camino, rimarcando la capacità del duo a dar vita a composizioni destinate a diventare hit.
Se fosse un vinile, bisognerebbe fermarsi e girare il disco nel lato B, perché da ora in poi l’atmosfera psichedelica si lascia per strada per continuare il tragitto con un blues pesante, il loro blues quello degli albori.
It’s Up to You Now parte come una cavalcata per far poi posto a Waiting on Words e 10 Lovers che addolciscono l’ascoltatore prima dell’ultimo brano Gotta Get Away. Un effettivo fulmine a ciel sereno, dove l’intro di chitarra in stile Lynyrd Skynyrd ci accompagna al racconto di Auerbach che prova a fuggire da sua moglie girando in lungo e in largo, regalandoci una traccia da ascoltare col sorriso stampato sulla faccia.
Mi piace: L’ottavo album dei The Black Keys non è carico di evidenti hit e questo è più che bene, perché questa è una collezione coraggiosa, varia e coinvolgente di canzoni. Se El Camino era il più orecchiabile album dei The Black Keys, Turn Blue risulta essere il loro subdolo, più sottile e più seducente lavoro.
Non mi piace: Forse l’unico “difetto” dell’album è che non è “diretto” come si poteva immaginare, quindi necessita di minimo due tre ascolti. Aspetto negativo per i più pigri e per coloro che invece prediligono una musica più d’impatto come nell’album precedente.
Consigliato a chi: Se stavi bramando per un ritorno alle loro radici garage-rock, Turn Blue vi sorprenderà per la direzione presa della band e da Danger Mouse. Un pizzico di novità è sempre benvenuta.
Voto: 8
8 Luglio in concerto a Roma, al Rock in Roma.
Travain Marco