
È deceduto David Bowie: ne dà notizia alle ore 9.30 la sua pagina Facebook, dove si legge che l’artista se n’è andato pacificamente circondato dalla sua famiglia dopo diciotto mesi di lotta contro il cancro.
Nonostante la malattia Bowie aveva continuato negli ultimi tempi a lavorare sul suo ultimo album, Blackstar, uscito da pochi giorni e preceduto da “Lazarus”, singolo che nel video ritrae proprio lo stesso artista come un uomo che risorge dalla morte. Forse Bowie si era reso consapevole di quello che lo attendeva. Forse, come per molte altre cose, si è trattato semplicemente di una coincidenza. Dal video si può comunque notare un uomo che riesce a sconfiggere la morte, un uomo che non può semplicemente concludersi quando è il suo fisico a terminare. Il Duca Bianco, uno dei suoi innumerevoli pseudonimi, è entrato nella leggenda non solo per il suo talento (è nella lista dei migliori 100 cantanti di sempre secondo Rolling Stones) e perché autore di capolavori della musica, ma anche perché è stato probabilmente l’artista musicale più influente della storia. Innumerevoli sono infatti gli artisti e le band che non hanno potuto non sentire l’influsso del Duca: dai King Crimson a Iggy Pop, dai Velvet Underground ai Queen. L’influenza di Bowie nel mondo della musica è devastante perchè il suo stile è la combinazione di mille generi: progressive rock, dance rock, punk, pop funk, soul, mescolati in melodie dalle innumerevoli sfaccettature che difficilmente non possono non essere apprezzate, e questo a prescindere dai gusti musicali. Forse è per questo che tutti conoscono Bowie. Forse è per questo che quando la radio suona una sua canzone semplicemente si alza il volume anziché cambiare stazione. Forse è per questo che Lou Reed, voce e cantante dei Velvet Underground, in un’intervista dichiarò che ai suoi concerti non ha mai avuto giovani che strillavano: i ragazzi strillavano per Bowie, non per lui, a lui tiravano siringhe.
Ma considerare l’influenza di Bowie meramente musicale sarebbe uno sbaglio. I suoi vari alter ego, Ziggy Stardust, Halloween Jack, Nethan Adler ed il Duca Bianco, sono anch’essi delle sfaccettature estremizzate dello stesso Bowie: David Bowie non esiste perché non si è mai mostrato al pubblico, esistono piuttosto i suoi personaggi, da lui interpretati, ed ognuno caratterizzato da un suo stile, prima di tutto estetico. L’artista londinese fin dal suo incontro nel 1967 con Lindsay Kemp apprende i segreti della teatralità, della mimica e dell’uso del corpo che poi verranno ancor più evidenziati dall’uso di trucco e vestiti sgargianti nei video e durante i live. E allora ecco che anche il suo stile estetico inizia ad essere copiato, così ad esempio da Kim Fowley, produttore discografico dei Runaways che scoprì una giovane Joan Jett proprio vestita “alla Bowie”. L’artista di Londra non è più solo un’icona della musica ma anche della moda riconosciuta a livello internazionale per la fantasia e per l’innovazione nel vestire. Nel 2001 ad esempio prende parte a “Zoolander”, film diretto da Ben Stiller dove si propone arbitro intransigibile (chi se non lui?!) in una sfida a colpi di sfilata di moda tra lo stesso Stiller e Owen Wilson. A un’occhiata superficiale i costumi di Bowie potrebbero sembrare provocatori, forzati, utili per lo più a strabiliare il pubblico: la verità è che questi abiti non sono altro che la cosa più naturale del mondo, perché Bowie non è uno dei tanti, non appartiene alla massa, è un estraneo, un alieno sulla Terra. E sono proprio le sue canzoni a raccontare la sua ossessione per lo spazio, per i mondi diversi dal nostro, per i pianeti e per i viaggi interstellari, fin dai suoi primi album di fine anni ’60 ed inizio ’70. Il tema viene poi ripreso ne “L’uomo che cadde sulla Terra”, film del 1976 interpretato dallo stesso artista. E’ proprio qui che viene in rilievo il concetto di David Bowie, ossia quello di un uomo che cade quasi per sbaglio sulla Terra, e con la quale egli deve familiarizzare per sopravvivere almeno fino a quando non sarà possibile tornare al suo pianeta natale. Fa quasi sembrare che tutto quello che ha vissuto in questi 69 anni sia solo una piccola parentesi di un qualcosa di più grande, di un qualcosa che dalla Terra è lontano anni luce. È quasi romantico pensare che da qualche parte nel mondo qualcuno di fronte alla lettura della notizia della morte di Bowie abbia alzato il suo sguardo verso il cielo e abbia visto le stelle luminose come non mai, perché consapevoli che l’uomo delle stelle ha finalmente ripreso il suo viaggio.