Il 5 marzo, prima di andare a lezione all’ università, faccio un salto al mio negozio di dischi preferito di Padova. “Costellazioni” è uscito solo il giorno prima, ma l’hanno già finito. Devo aspettare impaziente qualche altro giorno per poter finalmente avere tra le mani l’album, con la sua copertina rosa e blu, con dipinto il volto di una Madonna dalle labbra rosse, rassicurante e romantica ma allo stesso tempo forte e incisiva. Sono quindici tracce che non vedo l’ora di ascoltare. Parto un po’ prevenuta, ma cambio subito idea. Vasco Brondi è riuscito a fare la cosa più difficile: fare passi avanti, riscoprirsi, rinnovarsi, acquisire sfumature diverse nei suoni, nelle influenze, nelle melodie strumentali e vocali, ma rimanendo sempre se stesso, fedele al proprio stile e alla propria essenza.
“Le luci della centrale elettrica” è il nome del progetto musicale del cantautore ferrarese Vasco Brondi, in attività dal 2007 sotto La Tempesta dischi. “Costellazioni” è il terzo album, realizzato con la collaborazione di Federico Dragogna, paroliere e chitarrista dei Ministri, dopo la pubblicazione di “Canzoni da spiaggia deturpata” del 2008, “Per ora noi la chiameremo felicità” del 2010 e l’EP “C’eravamo abbastanza amati” del 2011.
C’è chi lo considera un poeta, c’è chi lo accusa di ripetitività, di eccessiva semplicità, ma soprattutto di “scrivere testi composti da parole a caso”. Io personalmente rimango sempre affascinata dal timbro vocale di Vasco Brondi, avvolgente e istintivo, rapita dai testi spesso criptici, di difficile interpretazione, che mi catturano inizialmente per qualche frase e che poi cerco di ricostruire, pensando “Perché avrà scritto così? Che scena aveva davanti agli occhi?”. Per capirlo è necessario fare uno sforzo di immaginazione, c’è poco di esplicito, bisogna leggere tra le righe e fantasticare sulle immagini e sulle sensazioni evocate. Sono frammenti di vita, quotidiana o meno, quelli di cui parla Vasco. Dei brevi momenti immortalati da occhi sempre vigili e curiosi, profondi e avidi di emozioni.
“Costellazioni” è un disco variopinto, che passa da pezzi in linea con i lavori precedenti ad altri più discordanti, in cui si sentono maggiori influenze di altri artisti. Per quanto riguarda i suoni, essi sono più pieni, più corposi e ricercati. Resta l’inconfondibile chitarra acustica ma spesso viene affiancata e talvolta sostituita da pianoforte, contrabbasso, violino, fiati, archi, ed effetti vari. E’ un disco completo dal punto di vista delle sensazioni. C’è la tenerezza, l’amore, la rabbia, la nostalgia, la solitudine, la spensieratezza, la voglia pazza di vivere.
L’album si apre con “ La terra, l’Emilia, la luna ”, un pezzo carezzevole, morbido, più tradizionale. “ Io cerco un centro di gravità almeno momentaneo” afferma Vasco. L’idea di trovare un proprio posto nel mondo è ripresa anche ne “ I destini generali”, brano più dinamico e pastoso. Passando per “ Firmamento”, canzone dalle sonorità punk e la sognante “Un bar sulla via lattea”, si arriva all’ottava traccia, “Ti vendi bene”, coinvolgente, in stile dance e dal chiaro richiamo ai CCCP, forse il pezzo più innovativo dell’intero album. Ci lascia inizialmente stupiti, sembra troppo distante dal “vecchio” Vasco, ma in realtà lo ritroviamo, in qualche modo. In tema con il titolo dell’album si giunge a“ Padre nostro dei satelliti “, una sorta di preghiera che oscilla tra universo e tecnologia. L’album si chiude con “ 40 KM “ , un brano senza tempo, che, creando una composizione ad anello, si ricongiunge al primo pezzo, in cui Vasco si augurava di trovare stabilità, un luogo di appartenenza, mentre ora sembra volerci dire che non si può scappare, che anche se si attraversano chilometri e chilometri l’equilibrio lo possiamo ritrovare solo in noi stessi, che nessun luogo ci può dare un centro di gravità, siamo noi il nostro centro.
E’ un disco da ascoltare più volte, da esplorare, da scoprire, da interpretare. E’ questa la chiave per poter capire e apprezzare Le luci della centrale elettrica, l’interpretazione. Sono canzoni che ognuno può cucirsi addosso in base alla propria personale situazione o sensibilità, sono testi camaleontici e malleabili, l’approccio che si deve avere è puramente soggettivo, di interazione, non di passivo ascolto. Dobbiamo farle nostre quelle parole, dobbiamo adattarle a noi stessi, possono avere mille significati diversi, sta a noi scovarli. E per gli appassionati, è ormai iniziato il tour di “Costellazioni” che tra marzo e maggio attraverserà tutta l’Italia.
Invito gli scettici a dare un ascolto al disco senza pregiudizi e vi lascio con un frammento tratto dal mio pezzo preferito, “Le Ragazze stanno bene”, realizzato insieme a Giorgio Canali. E’ un’esortazione ad accettare la vita come viene, nel bene e nel male, a lasciarci trasportare da essa, a dimenticare le cicatrici del passato e a costruire un futuro incerto, che forse non ci sentiamo pronti ad affrontare, ma pieno di possibilità, di occasioni da afferrare.
“Forse si tratta di affrontare quello che verrà come una bellissima odissea di cui nessuno si ricorderà. E forse si trattava di dimenticare tutto come in un dopoguerra e di mettersi a ballare fuori dai bar come ho visto fare in certi posti dell’ex Jugoslavia. Forse si tratta di fabbricare quello che verrà con materiali fragili e preziosi senza sapere come si fa.“
Sara Berardelli