I talent show messi in onda dalla televisione italiana, nel novanta per cento dei casi, meritano l’attenzione di un pubblico -per così dire- poco esigente. Ma la Rai l’autunno scorso si è dimostrata particolarmente coraggiosa e ha deciso di lanciarsi nel vuoto con un talent dotato di un target del tutto diverso, che avesse come obiettivo quello di scovare il nuovo talento letterario italiano: e così è nata l’avventura di “Masterpiece”. Il programma, primo esperimento televisivo nel suo genere, è stato articolato in due fasi: nella prima sono stati selezionati i concorrenti che avessero presentato i romanzi più meritevoli, nella seconda gli aspiranti finalisti si sono sfidati a suon di prove di scrittura, fino ad arrivare al vincitore assoluto, la cui opera sarà pubblicata in centomila copie nelle prossime settimane da Bompiani. Il difficile ruolo dei giudici è stato rivestito dai noti scrittori Andrea De Carlo e Giancarlo De Cataldo e dalla giovane Taiye Selasi.
La scelta “rischiosa” è stata in ogni caso relegata alla seconda serata domenicale di Rai 3 e nella sua prima fase non ha riscosso troppo successo: si sono presentate alle selezioni migliaia di persone, chi più chi meno dotate, presuntuose o esageratamente modeste, tanto bizzarre quanto ordinarie. La tendenza dei giudici è stata quella di dare fiducia a coloro i quali avessero dimostrato quanto la loro narrazione non fosse solo frutto di abilità tecniche, ma di esperienze forti vissute sulla loro pelle, come l’anoressia, la dipendenza da droghe, l’immigrazione; un altro fattore discriminante è stato senza dubbio l’originalità dimostrata. Ciò che stupisce, oltre al vasto numero di concorrenti (le statistiche lo confermano: in Italia sono più gli scrittori che i lettori di libri e questo la dice lunga) è la loro variegata estrazione sociale: c’erano commercianti, impiegati comunali, studenti, disoccupati, insegnanti, pensionati, medici; rari -e particolarmente saccenti- sono stati quelli che si dichiaravano dediti alla scrittura a tempo pieno.
L’audience è aumentato nel corso della seconda parte, quando il pubblico ha iniziato a conoscere meglio i concorrenti finalisti, ad affezionarsi al loro stile e alla loro personalità, e il livello di scrittura si è decisamente elevato. Le sfide proposte ai concorrenti, che diventavano tali anche per il pubblico a casa, consistevano in prove di scrittura creativa dalla durata massima di 30 minuti, in cui il compito era quello di destreggiarsi tra i vari generi letterari in un tempo ristretto. Colui che è riuscito ad eccellere in quest’impresa si chiama Nikola Savic, vive ad Oriago di Mira (VE) ma è nato a Belgrado e porta con sè un bagaglio culturale non convenzionale.
Portare la letteratura sul piccolo schermo è un obiettivo non poco ambizioso, e Masterpiece è riuscito a proporla in un modo fresco e coinvolgente, portando allo scoperto quella vocazione alla scrittura, quella voglia di trasmettere emozioni, di raccontare storie, che resta chiusa nei cassetti delle scrivanie di molti di noi. E di cui sarebbe bello sentir parlare più spesso.
Valeria Ferraretto