Francis Scott Fitzgerald e la critica dell’ageismo

Vi siete mai chiesti come sarebbe avere il corpo di un ventenne a 50 anni? "Il curioso caso di Benjamin Button" ve lo racconta

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Tratto dal film “Il curioso caso di Benjamin Button”

Mr e Mrs Roger Button, nel lontano 1860, danno alla luce un bambino molto bizzarro: Benjamin Button. Benjamin infatti viene al mondo dotato di radi capelli bianchi, una lunga barba color fumo e un ripudio per il latte materno. In altre parole, il piccolo Button è un neonato settantenne che anziché invecchiare, nel corso degli anni ringiovanisce.

L’autore di questa strano racconto è Francis Scott Fitzgerald: la storia breve “Il curioso caso di Benjamin Button” (titolo in lingua originale: “The Curious Case of Benjamin Button”) debuttò nella rivista “Collier’s” nel 1922. Fitzgerald vuole suggerire ai suoi lettori che l’età non è che un punto di vista che ci rende più o meno consapevoli della reazione della società a determinate esigenze, usi e costumi. Per esempio, è inconcepibile come dopo cinquant’anni di vita, ma all’età biologica di 20 anni, Benjamin vanti un bagaglio di esperienze che i suoi coetanei non possono nemmeno immaginare.

Lo stile dell’introduzione è kafkiano: come nella Metamorfosi, la prima pagina ci catapulta in una situazione surreale senza alcuna spiegazione; ci viene mostrato come si evolve la storia, ma non perché questa sia avvenuta.

Si tratta di una storia assurda che però trova pieno riscontro nella realtà. La satira parla chiaro: la saggezza viene generalmente associata alla vecchiaia, eppure gli anziani sono spesso considerati come gli elementi più deboli della società, motivo per cui vengono trattati come bambini. La fretta di diventare adulti e la pretesa di sapere di più, di avere più conoscenze di coloro che hanno vissuto ormai la maggior parte della loro vita, tutto ciò viene messo in discussione nel racconto di questo strano caso umano. In conclusione, anziani e bambini sono sempre stati considerati come l’anello debole della piramide sociale.

Degno di menzione è il matrimonio con Hildegarde Moncrief: si sposano quando lui ha 50 anni e lei 20, poi, ad un certo punto delle loro vite, si ritrovano ad essere quasi coetanei, tuttavia – ringiovanendo lui, invecchiando lei – il passare del tempo li allontana. Il fascino dell’uomo adulto lascia il posto alla bellezza acerba del ragazzino, mentre l’aspetto fresco e roseo di Hildegarde viene sostituito dalle rughe.

Un altro aspetto da considerare è l’ambientazione della prima guerra mondiale, atta a mettere in luce la maniera nella quale simili avvenimenti affettano la vita di giovani soldati: essi perdono la spensieratezza adolescenziale tra gli orrori delle trincee, e convivono con l’amara consapevolezza, la quale solitamente accompagna la maggiore età, che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo della loro vita.

Il punto debole: nessuna menzione della madre. Qual è la reazione della donna che ha dato alla luce tale fenomeno? Non ci è mai svelato. Inoltre, una trama del genere avrebbe meritato uno sviluppo più minuzioso anziché brevi accenni alle varie fasi della strana esistenza di Benjamin.

L’omonimo, strepitoso adattamento cinematografico, prodotto dal regista David Fincher e distribuito nelle sale cinematografiche italiane nel 2009, vede Brad Pitt e Kate Blanchett come attori protagonisti della storia; il film ha ottenuto 13 nominations ai Premi Oscar, tuttavia è stato premiato con 3: Migliore scenografia, Miglior trucco e Migliori effetti speciali.

Consigliato a chi: vuole mettere le mani su una novella che ispiri compassione, riflessione ed empatia in non più di quarantina pagine.

Copertina del libro “Il curioso caso di Benjamin Button”