Alla Triennale di Milano si è chiusa il 12 Marzo scorso una mostra chiamata “GOLA, Arte e Scienza del Gusto”. Il progetto a cura di Giovanni Carrada e Cristina Perrella è stato sviluppato secondo cinque aree tematiche presentate attraverso video, exhibit e opere d’arte. Ho trovato questa mostra molto ben costituita e interessante, mi sembra opportuno farne conoscere il contenuto in preparazione all’Expo di Milano 2015.
I cinque temi esposti erano: i dilemmi dell’onnivoro, i sensi del gusto, buono da pensare, i segreti dei cibi-spazzatura, la ri-costruzione del gusto.
QUI la prima parte dell’articolo.
Il terzo tema che si incontra passeggiando per la mostra è “Buono da pensare”.
Il gusto personale si crea imparando cosa mangino gli altri. Se la mamma mentre era in gravidanza ha mangiato qualcosa, questo senza dubbio piacerà al figlio, perché lo sente come “sicuro”.
Gradualmente si può però imparare anche a mangiare qualcosa che non ci piaceva fino a poco tempo prima. Ad esempio qualcosa che ci ha fatti stare bene in un momento di fatica ( una barretta di cioccolata a conclusione di un trekking), ci piacerà anche in seguito.
Il gusto è basato anche sulla cultura di un popolo. In regioni tropicali gli insetti sono comunemente inseriti nella dieta, essendo molto grossi e ricchi. In India non si mangiano le vacche per un tabù nato duemila anni fa. Ebrei e Musulmani non mangiano il maiale perché mentre ovini e caprini si nutrono di alimenti non edibili all’uomo, la dieta del maiale lo rende troppo simile a noi e dunque “immondo”.
Le pubblicità fanno leva su questa nostra abitudine a seguire ciò che fanno gli altri, soprattutto se li ammiriamo, anche le tradizioni dei vari popoli si basano sullo stesso principio.
L’artista indiana Sharmila Samant ha girato il mondo alla ricerca della ricetta delle bibite tipiche dei paesi che visitava. Una volta trovato cosa le interessava ha preparato ciascuna di queste bibite per poi inserirla in bottigliette di vetro vuote della coca cola. L’opera è chiamata “Loca-Cola” a sottolineare il rapporto tra globale e locale in relazione al gusto. L’effetto ottico creato dalla diversità di colori e consistenze è notevole e fa pensare alla potenza della globalizzazione anche in ambito alimentare.
Continuando attraverso il salone ci imbattiamo nel tema “I segreti dei cibi spazzatura”. Fino a una cinquantina d’anni fa il cibo era scarso e quasi interamente legato ai vegetali, con pochi grassi. Gli alimenti dolci erano rari e limitati al miele. Mantenendo come riferimenti Europa e USA possiamo dire che oggi il cibo è abbondante ed economico, non dobbiamo più ricercarlo. Oltre a ciò conduciamo una vita molto più sedentaria, dunque il nostro fabbisogno di calorie è minore nonostante i meccanismi del gusto siano rimasti gli stessi dell’età del bronzo. L’istinto ci spinge ancora a cercare di immagazzinare zuccheri e grassi come scorte. Significativo sapere che il 30% degli adulti in Italia è sovrappeso, 10% dei quali obesi.
Le aziende che producono cibo spazzatura approfittano del nostro istinto predatore di merendine. Il richiamo di questi alimenti risulta irresistibile e super-stimola l’appetito. Continuiamo a mangiare pur non avendone bisogno. Punta alla super-gratificazione cerebrale: ogni cibo ha un suo punto di massimo godimento, i grassi e gli zuccheri introdotti in carichi così elevati liberano endorfine che interferiscono con la sazietà specifica del gusto e ci spingono a continuare a mangiare.
Inoltre poiché la maggior parte di questi alimenti si scioglie in bocca mastichiamo di meno, in questo modo siamo indotti a mangiare di più. La dopamina che si sprigiona concentra l’attenzione sulla ricerca del piacere e convince il cervello a fare di tutto pur di mangiare nuovamente. Più ci troviamo in questo circolo vizioso, più è difficile soddisfare il desiderio con una stessa dose. Si attiva una catena di comportamenti sempre più automatici, ecco perché mangiando i pop-corn al cinema è impossibile fermarsi.
I medici dicono che la percentuale di presenza della sindrome metabolica tra gli adulti è in aumento.
A riguardo un tabellone molto evidente subito successivo al video recita:
“La maggior parte del tessuto adiposo si concentra sotto la pelle ma quello pericoloso è quello che si accumula fra i visceri a causa soprattutto del consumo di zuccheri semplici. Il grasso della pancia infatti non è un semplice deposito di calorie ma ha un’intensa attività che può provocare la sindrome metabolica (sintomi sono: pressione alta, alti livelli di trigliceridi e glucosio nel sangue, poco colesterolo buono e molto cattivo), l’insorgenza del diabete di tipo due, malattie cardiovascolari come infarto, ictus e alcuni tipi di tumore”
Il fotoreporter britannico Martin Parr con una serie di scatti molto saturi ha registrato gli eccessi alimentari dovuti all’alimentazione da fast-food. Il punto forte di questi prodotti sono i loro colori e forme accattivanti, se si osservano i livelli nutritivi però risulta evidente come siano scadenti e per niente equilibrati. Parr li ritrae come rappresentazione della poca attenzione dedicata a un tipo di alimentazione controllata, sminuita nella ricerca di sazietà a prezzi stracciati.
L’ultimo angolo della mostra è dedicato a “La ricostruzione del gusto”. Il video di presentazione riprende l’idea della dieta mediterranea: mangiare più frutta e verdura, diminuire le quantità la pasta, il riso, il pane, le patate, ancora meno carne, uova, pesci, pochissimo latte e condimenti, assumere pochissimi dolci e finiti i pasti alzarsi da tavola senza essersi abbuffati, cercando di non appesantirsi eccessivamente. Possiamo mangiare a sazietà ma è necessario vincere la pigrizia istintiva (serviva a contenere lo spreco di energia) e muoversi. Infatti l’esercizio fisico intenso, proprio come i cibi spazzatura, libera endorfine e dopamina!
Per quanto possibile in famiglia e sul lavoro si dovrebbero consumare meno cibi pronti e più piatti preparati in casa, ma non c’è tempo, per questo i piatti pronti sono in rapida crescita. L’industria alimentare non cambierà perché non le conviene, infatti assumendo vivande più sane ci saziamo prima e consumiamo meno: sarebbe destinata a scomparire per la concorrenza che vende di più a prezzi più accessibili.
Il video si conclude sostenendo che non sia realistico “rifondare la nostra educazione”, la nostra cultura perché il processo è molto lento e difficile. Io credo che se sempre più persone si rendono conto del pericolo che corriamo continuando a ignorare il nostro corpo, la possibilità di migliorare ci può essere, ma deve partire dalle famiglie. Gli adulti che oggi mangiano in modo scorretto non cambieranno, ma se i figli vengono a contatto con l’educazione alimentare fin da piccoli, le loro famiglie in futuro avranno molte più probabilità di evitare problemi metabolici e mantenersi al meglio.
Francesca Forapani