Hunger Games, “Il canto della rivolta – Parte II”: un ultimo capitolo dimenticabile

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(Fonte foto: cinema.everyeye.it)
(Fonte foto: cinema.everyeye.it)

Si è giunti infine al titolo conclusivo della tetralogia cinematografica di Hunger Games con “Il canto della rivolta – Parte II“. Essendo la parte finale di una saga il film è quasi esclusivamente indirizzato allo spettatore che ha già visto i precedenti capitoli, e come per ogni saga, è obbligo dello spettatore visionare la storia dall’inizio alla fine, per quanto piacevole o meno possa essere (Matrix docet). Nonostante ciò, non ci si può esimere dall’osservare la pellicola con occhio critico ed attento, trovandosi di fronte ad un lavoro perfettamente congegnato a livello commerciale ma oscuro e confuso a livello narrativo.

La divisione in due capitoli dell’ultima parte non era necessaria: sono stati approfonditi contenuti di scarso interesse ai fini della storia e che regalano poco allo spettatore. Una mossa che ha però portato un quantitativo di denaro molto maggiore nelle tasche dei produttori. Il film in sé esplora temi anche interessanti, quali la ricerca del potere e della libertà. Un potere che può corrodere l’animo delle persone e costringerle a cose indicibili e sacrifici estremi pur di esser al di sopra di tutto e tutti. Una libertà che viene ricercata fino allo sfinimento da parte dei protagonisti del film, i quali lottano sin dal primo capitolo (una chiara copia di Battle Royale) per essere liberi dalla condanna degli Hunger Games e della dittatura.

Ma eccetto questi temi che ben si insidiano nella mente dello spettatore, ci si trova innanzi a un film confuso, poco orientativo e un po’ fine a stesso. Ho trovato le premesse della saga veramente buone (nonostante l’essere più o meno un remake), premesse poi tradite da registi (Francis Lawrence, che ha tra l’altro rovinato la trasposizione cinematografica di Constantine) e sceneggiatori di scarso livello. La storia di questo capitolo sembra molto circostanziale, i personaggi sembrano guidati quasi a caso attraverso percorsi di cui non si conosce bene l’origine o il motivo. L’emblema di ciò è Katniss, la protagonista che passa il film essendo costantemente in bilico tra l’essere una prode eroina protettrice della libertà e l’essere una vittima sacrificale. La parte della ragazzina confusa che cerca di essere qualcosa di più attira sicuramente lo spettatore, che rimarrà colpito dalla fragilità emotiva di un personaggio così importante.

Ma l’alone di fragilità che Jennifer Lawrence dona al suo personaggio è un po’ ciò che l’intero film lascia trasparire, fragilità e confusione. Questo non di certo a causa della stessa Lawrence la quale regala comunque un’ottima prova recitativa (anche se i ruoli adatti a lei sarebbero ben altri), ma a causa di sceneggiatori troppo pigri per poter donare alla storia qualcosa in più e a causa di un cast che lascia a dir poco a desiderare (Josh Hutcherson su tutti). E’ un peccato che una saga con così buone premesse si sia conclusa con un capitolo così povero e dimenticabile.