8 marzo, il giorno delle donne. Ma cosa dobbiamo festeggiare davvero?

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(Donne afghane che studiano medicina nel 1962; fonte foto: www.tpi.it)

Allontanandoci dai luoghi comuni, quello di oggi è un grande giorno da festeggiare. Lo è per una miriade di motivi che si distaccano completamente dagli sconti del 20% sui prodotti di bellezza al supermercato, dai piccoli omaggi floreali (giallognoli fiori petalosi) e persino dagli eventi creati esclusivamente per il mondo femminile con triste musica d’accompagnamento.

E’ un dovere festeggiare l’8 marzo di ogni anno perché la storia ce lo impone e dalla storia nessuno può scappare, donna, uomo, o chiunque esso sia. Sarebbe inoltre poco rispettoso tralasciare quello che è successo appena cinquant’anni fa; grandi vittorie e rivoluzioni le quali ci sembrano molto lontane da noi e piene di polvere.

Sulla questione femminile si concentrano una serie di eventi che hanno avuto un peso storico davvero importante e che sono riconducibili a quella che è stata considerata forse l’unica “rivoluzione pacifica” del XX secolo: il movimento femminile post ’68. Una rivoluzione senza spargimenti di sangue ma certamente non indolore. Proprio a partire da questi anni infatti le donne iniziano a uscire dal silenzio che le ha imprigionate, dal recinto domestico che le ha risucchiate per scendere in piazza e vedere riconosciuto il loro valore sociale, giuridico ed economico. Non più “angeli del focolare” (celeberrima immagine fascista presente in alcune pubblicità di elettrodomestici degli anni ’50-’60) e neppure “angeli del ciclostile”; le donne vogliono stare nel mondo in maniera pratica e concreta dopo i millenni di dominio patriarcale-maschile. Un fermento di idee che ha portato le donne a un grande percorso di emancipazione con la rivendicazione di alcuni diritti inalienabili, basti pensare alla battaglia per la legalizzazione dell’aborto (1978) e al referendum per la legge sul divorzio (1974).

Superando, senza mai dimenticarle, queste grandi rivendicazioni femminili è doveroso ricordare che il riconoscimento dell’autorità femminile ha portato, non troppi anni fa, alla nascita della «Storia delle donne», disciplina ancora non studiata poiché da ogni grande evento esse risultano essere le “vere escluse” e per verificare questo basta sfogliare un manuale di storia e perché no anche qualche antologia italiana.

Intorno a noi fioriscono, senza contare che il più delle volte nemmeno ce ne accorgiamo: librerie femminili, riviste cartacee impegnate (DWF, Memoria, Sottosopra, Lapis, Leggere Donna, Leggendaria), riviste online dirette da prestigiose Università («Per amore del mondo» a Verona, «Altrelettere» a Zurigo) e anche due illustri società: SIS (società delle storiche dal 1992) e SIL (società delle letterate dal 1996).

Questi dati potrebbero sembrare nomi e numeri banali ma l’8 marzo ha bisogno proprio di questo: la curiosità da parte di ogni essere umano di apprendere e conoscere la storia. Non è forse più “roba da donne” e nemmeno “evento da femminucce”, o per lo meno me lo auguro. Ogni 8 marzo è una grande ricorrenza che non esclude nessun uomo poiché nella vita di ogni donna, grazie a dio, il rapporto più sacro è forse proprio quello che la vede in relazione al sesso opposto. Non ci sono esclusi e non c’è ritualità, oggi abbiamo la possibilità di denunciare ad alta voce quello che succede alle donne, alle nonne, alle giovani madri di ogni parte del mondo. E se queste urla si leveranno dalla bocca di un uomo, a parer mio, questa festa sarà una grande vittoria.